ROMA – “Lascio alla dialettica delle forze politiche il dibattito sulla durata del governo. Per quanto ci riguarda dura fin quando ha la fiducia del Parlamento”. Sono le prime parole che il nuovo premier Gentiloni ha pronunciato alla Camera durante il suo discorso programmatico durato 18 minuti. In apertura ha poi elogiato il suo predecessore: «Il mio governo nasce in un contesto nuovo creato dalla bocciatura del referendum e dalla scelta di dimettersi di Renzi. Questa scelta non era obbligata ma averla compiuta è un atto di coerenza a cui tutti gli italiani che hanno a cuore la dignità della politica dovrebbero guardare con rispetto». I deputati di M5S e Lega hanno disertato l’Aula, lasciando i propri banchi.
«Il governo – ha aggiunto – non si rivolgerà a quelli del sì contro quelli del no, il governo si rivolge a tutti i cittadini italiani, si basa su una maggioranza, rispetta le opposizioni e chiede il rispetto per le istituzioni. Chi come me è sempre stato animato dalla passione politica, non si ritrova nella degenerazione di questa passione. Chi rappresenta i cittadini deve diffondere sicurezza, non odio e paura. Questo chiede il governo e anche su questo chiede la fiducia», ha continuato. Gentiloni ha poi lanciato un appello alle opposizioni: «Le consultazioni hanno evidenziato l’impossibilità di una convergenza generale nel sostegno al governo di responsabilità. Ne abbiamo preso atto, anche se ci auguriamo possano maturare convergenze più larghe sui singoli provvedimenti».
Il premier ha poi elencato le priorità in agenda. «Sul terreno dell’economia il governo intende rafforzare la ripresa che gradualmente si sta manifestando. L’accompagneremo con le grandi infrastrutture, il piano industria 4.0 e la green economy con le decisioni sul clima che l’Italia difenderà». «All’agenda – ha aggiunto Gentiloni – vorrei aggiungere grandi questioni su cui finora non abbiamo dato risposte sufficienti. Innanzitutto i problemi che riguardano la parte più disagiata della nostra classe media, partite Iva e lavoro dipendente, che devono essere al centro dei nostri sforzi per far ripartire l’economia». Sulla questione banche, Gentiloni ha spiegato che «il governo è pronto ad intervenire per garantire la stabilità degli istituti. Ci sono casi specifici che, anche per comportamenti inadeguati di alcuni amministratori, richiedono un rafforzamento patrimoniale e per i quali» si punta ad un «rafforzamento attraverso il ricorso al mercato».
Oggi ci sarà il voto di fiducia alla Camera: alle 18.45 inizierà la prima chiama, intorno alle 20 è previsto il voto finale. E stando alle previsioni non dovrebbero esserci problemi di numeri nonostante il passo indietro di Ala-Scelta Civica.
I numeri alla Camera e al Senato
Il gruppo guidato da Verdini non ha gradito le scelte di Gentiloni che non prevedono ruoli chiave per i propri parlamentari e quindi ha annunciato che non voterà «la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis». Il forfait di Verdini potrebbe pesare soprattutto in Senato. Qui Gentiloni potrà contare su circa 172 voti su 320, senza i 18 di Ala che ormai passa all’opposizione. Sufficienti per incassare l’ok di Palazzo Madama, ma non se ci fossero defezioni dell’ultima ora.
Il governo cambia poco rispetto al precedente, con sole cinque new entry e un cambio di dicastero. La figura più discussa, Maria Elena Boschi, non esce dal governo, ma si sposta a Palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri con funzione di segretario. Angelino Alfano lascia il Viminale e approda al Ministero degli Esteri. A prendere il suo posto all’interno Marco Minniti, prima sottosegretario con la delega ai servizi segreti. Nodo che oggi Gentiloni non ha sciolto e che secondo indiscrezioni dovrebbe essere affidato a Luca Lotti. All’Istruzione approda invece Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato in quota Pd. Anna Finocchiaro invece diventa la titolare dei Rapporti con il Parlamento. Nascono due nuovi ministeri quello dello Sport affidato appunto al renziano Lotti, che mantiene la delega all’editoria, e quello per il Sud e Mezzogiorno che sarà gestito da Claudio De Vincenti. Scompare il ministero per il riforme, nella logica, ha spiegato Gentiloni dopo aver accettato l’incarico che «il governo si dovrà operare per facilitare il lavoro delle forze parlamentari volto a individuare le nuove regole per le leggi elettorali».