TERAMO – La presunta contaminazione dell’acqua del Gran Sasso a causa del diclorometano sversato dai Laboratori dell’Istituto di fisica nucleare non accenna a placare le polemiche. Una situazione, quella dei parametri non consentiti per legge, che purtroppo già si era registrata nel 2003 e per questo motivo a capire il perché nonostante le rassicurazioni e soprattutto gli interventi fatti 13 anni fa è intervenuta l’associazione dei consumatori Teramani Robin Hood che ha presentato un esposto alla procura per chiedere che venga fatta chiarezza sulla vicenda, al fine di tutelare i consumatori e il territorio.
“Non avremmo voluto mai più leggere di queste perdite del Laboratorio del Gran Sasso – dicono in una nota – e dello sversamento nelle acque potabili della Ruzzo reti. Eravamo convinti, anzi certi, che dopo l’incidente del 2003 il Laboratorio fosse stato messo in sicurezza, per evitare il grave problema generato dall’eventuale inquinamento delle falde. Così non è stato e ne siamo fortemente allarmati, crediamo nella bontà dei sistemi della Ruzzo per evitare contaminazioni, ma evidentemente non è bastato visto che lo eravamo anche prima, per la messa in sicurezza. Si parlò all’epoca della necessità di studi epidemiologici, per chiarire la presunta leggenda dell’incremento di alcune malattie nelle zone a ridosso dell’area, ma non si è avuto alcun riscontro. In un anno così siccitoso, la perdita di questo importante gettito di acqua potabile rende tutto più difficile”.
“Sappiamo – continua l’associazione – che il potabilizzatore in determinate condizioni, in presenza di particolati dovute alle piene, non funziona o non è comunque utilizzabile. Sentire dichiarare un ipotetico costo zero sull’uso dello stesso ci lascia basiti, non è così. L’INFN dovrà dunque farsi carico di tutti gli oneri che altrimenti ricadrebbero sugli utenti, che già subiranno una qualità delle acque più scadente. Non c’è infatti dubbio che l’acqua sorgiva sia migliore da quella potabilizzata. L’associazione Robin Hood segnalerà con un proprio esposto alla Procura di Teramo la situazione creatasi, in particolare sull’uso dei fondi per la messa in tutela dell’impianto ma che non ha prodotto affatto la dichiarata sicurezza”