ROMA – Mario Draghi estende il quantitative easing fino al marzo del 2017, include negli acquisti anche titoli emessi da amministrazioni regionali e locali dell’area dell’euro e taglia il tasso sui depositi nell’intento di spingere le banche a mettere soldi in circolo. I mercati si aspettavano di più: l’euro è schizzato da 1,05 a 1,09 sul dollaro in pochi minuti. Tutt’altro che una buona notizia. E le Borse europee hanno virato in negativo.
Le pressioni sul presidente della Bce erano enormi, dopo gli annunci espliciti di una disponibilità a schierare un altro pezzo di arsenale monetario, tanto che anche stamane i mercati avevano continuato a indebolire l’euro e a schiacciare i rendimenti dei titoli di Stato ai minimi. L’ultimo colpo, il pessimo dato sull’inflazione dell’eurozona a novembre – lo 0,1% contro le aspettative dello 0,2% e un dato depurato dalla componente energetica che è calato a 0,9% – ha ulteriormente convinto il presidente della Bce ad agire per non rischiare un’ecatombe sui mercati. Tuttavia gli strumenti rimasti in dotazione al consiglio direttivo della Bce, riunito da ieri sera, non erano molti.
Alle 13.45 la prima decisione sui tassi. La stragrande maggioranza degli analisti puntava su un taglio dell’indice sui depositi – quello applicato alle banche che parcheggiano liquidità presso la banca centrale – dall’attuale -0,20 a -0,30 o -0,40%. Draghi li ha accontentati riducendolo a -0,30% e annunciando «ulteriori decisioni» durante l’imminente conferenza stampa. Obbligare gli istituti di credito a pagare ancora di più per i depositi dovrebbe rimettere i soldi in giro: questa la logica del tasso “punitivo”. E rivitalizzare inflazione e crescita.
Alle 14.30 durante la consueta conferenza stampa post board, la Bce ha poi comunicato l’estensione del quantitative easing ( il programma di acquisti dei titoli privati e pubblici) fino al marzo del 2017. Anche in questo caso, lo scopo dichiarato è quello di riportare l’inflazione in linea con l’obiettivo del 2 per cento. Le stime sull’inflazione intanto sono state riviste al ribasso: 1% per il 2016 (dal precedente 1,1% stimato in settembre) e 1,6% per il 2017 (da 1,7%).