
ROMA – C’era già chi pensava ad un progetto di lunga durata. In realtà il clima di idillio nella “cabina di regia” di palazzo Chigi, che in settimana era uscita indenne dal test ad alto rischio sulla fiducia, è durato pochi giorni. E’ bastato che ieri a Skytg24 Enrico Letta proclamasse la fine di una stagione politica, i 20 anni che hanno visto Berlusconi alla ribalta della scena politica italiana, perché Angelino Alfano, a sua volta alle prese coi travagli del Pdl, arrivasse un netto altolà. «Non accettiamo e non accetteremo ingerenze nel libero confronto del nostro movimento politico» dichiara a metà pomeriggio il vicepremier.
«Penso che si sia chiusa una stagione politica, ritengo si siano chiusi 20 anni con un confronto politico molto forte – aveva spiegato il premier a Maria Latella che lo intervistava -. Berlusconi ha provato a far cadere il governo ma non c’è riuscito perché l’opinione pubblica non ha voluto, tra cui anche gli elettori del Pdl. Ho preso un rischio perché non ho accettato mediazioni». E così dicendo Letta incoronava il suo numero due come il vincitore di questa settimana: «La pagina è stata volta. Alfano mi pare che oggi abbia assunto una leadership molto forte e molto marcata. E’ stato sfidato e ha vinto la partita». Per poi aggiungere che «i cinque ministri del Pdl hanno mostrato sapienza ma anche coraggio». Parole pacate quanto nette, condite poi con la conferma che le dimissioni del sottosegretario Biancofiore, l’unico esponente di governo in quota ai cosiddetti “falchi” del Pdl, erano state accettate. Quando basta per far partire la contraerea del Popolo delle libertà. Il primo a parlare è Sandro Bondi: «Su Berlusconi giudizi ingenerosi e arrischiati sul piano politico». Gasparri: «Inaccettabili toni liquidatori». Matteoli: «Parole gravissime». Gasparri: «Arrogante». Santanchè: «Brutto». Repetti: «Letta vuole cancellarci». Gelmini: «Letta resti fuori dalle nostre vicende». Rotondi: «Sciacallaggio puro».
Alfano, alle prese con falchi e lealisti, non può star zitto e a metà pomeriggio sbotta: «Nessuna ingerenza!». Uno stop secco a Letta ma anche a Guglielmo Epifani che sempre ieri aveva sollecitato la costituzione di gruppi separati alla Camera ed al Senato. Argomenta il vicepremier: «Stiamo lavorando, ciascuno secondo il proprio modo, per l’unità del partito e quello è per noi l’obiettivo strategico. Stiamo perseguendo l’unità nella convinzione che non saranno in nostri avversari a determinare la chiusura del ciclo politico di Berlusconi, in quanto il popolo, ancora oggi, individua in lui il leader di un grande partito e il leader di una coalizione che può ancora vincere».
Letta in tv ieri ha spiegato anche che quel «grande» detto nei confronti di Berlusconi, e colto dalle telecamere mercoledì in Senato quando il Cavaliere ha annunciato il «sì» alla fiducia, voleva essere ironico. «Non mi aspettavo quella giravolta. Mi aspettavo tutto tranne che quello». Quindi il premier, alla vigilia della settimana che servirà a definire la nuova legge di stabilità, ha riepilogato le linee di politica economica su cui a partire da oggi il governo si confronterà con le parti sociali. Letta, in particolare, ha confermato che il governo intende tagliare il cuneo fiscale, il «cuore» della manovra. Le stime parlano di un intervento da 4-6 miliardi a valere sul 2014, che porterà nella tasche dei lavoratori uno sconto che potrebbe anche arrivare a 250-300 euro in un’unica soluzione (forse a valere sulla tredicesima 2014). «Bisogna che in Italia il costo del lavoro scenda – ha spiegato Letta – non solo per i giovani. E’ una cosa insopportabile, perché spinge il lavoro nero». Quindi ha ribadito di voler proseguire coi tagli alla spesa, col riordino dell’Iva, le dismissioni del patrimonio pubblico ed il recupero dell’evasione fiscale. Con una attenzione particolare ai soldi finiti in Svizzera, «Ce ne sono tanti e bisogna fare un buon lavoro perché quei soldi paghino il nostro Welfare».