
ROMA – Dopo il voto di ieri alla Camera il governo di Enrico Letta incassa la fiducia anche al Senato con 233 sì, 59 no e 18 astenuti. Hanno votato a favore Pd, Pdl e Scelta Civica. La Lega si è astenuta, mentre hanno votato contro i 5 Stelle e Sel.
«Non ci sono alternative a quello che stiamo facendo», ha affermato in Aula Letta chiudendo il dibattito prima del voto con una forte difesa delle larghe intese. Solo chi teme di avere «una identità debole», sostiene il premier, può avere «paura» dell’alleanza tra poli normalmente alternativi, paura di «mescolarsi». «Non penso che Berlusconi abbia un’identità debole, se ho capito bene il personaggio. Ma anch’io faccio parte di un partito che è orgoglioso della sua identità E se siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto non dobbiamo avere timore».
Durante il dibattito il Pdl ha chiesto al premier di chiarire sull’Imu. Immediata la risposta. Il ministro Graziano Delrio ha detto che «il presidente Letta ieri ha detto chiaramente che la rata di giugno verrà sospesa in attesa del nuovo regime che possa aiutare le famiglie meno abbienti», sottolinea il ministro per gli Affari regionali. «C’è un problema di liquidità dei Comuni che affronteremo in queste ore con il ministro Saccomanni, per evitare di metterli in crisi», spiega Delrio, che non azzarda previsioni su cosa in concreto accadrà alla tassazione sulla prima casa: «È una revisione da fare con il Parlamento, non possiamo prevedere il punto di approdo. Certamente c’è il nostro impegno ad alleggerirla». Ma Berlusconi ha ribadito il suo aut aut al governo: «Sono fiducioso sia sull’abrogazione dell’Imu» per il 2013, sia «per la restituzione» di quello del 2012. «Abbiamo preso un impegno con i nostri elettori su questo e intendiamo rispettarlo. Non potremmo essere parte di un governo che non attuasse queste misure, né lo sosterremmo dall’esterno». E aggiunge: «Mi chiedete se mi vedo bene come presidente della Convenzione per le riforme. Io sono sempre più bravo in tutto, è certo che mi vedo bene» anche in questo ruolo.
L’invito di Letta è di non limitarsi ad «alzare le proprie bandiere e i propri stendardi» (servono solo a «coprire la debolezza della propria identità »), ma ad accettare i dati di fatto e a confrontarsi con le politiche concrete, su cui sono possibili «soluzioni comuni». Una sorta di lezione di realpolitik, quella del nuovo premier a Palazzo Madama. «La realtà è quella che abbiamo di fronte, non quella che vorremmo. Anch’io avrei voluto trovarmi seduto a questo tavolo con un governo diverso da questo. Ma la realtà è qualcosa che un politico deve mettere al centro; altrimenti ci raccontiamo delle favole per stare tranquilli e metterci in pace la coscienza». Ma Letta non vuole che il suo governo, con i suoi numeri a prova di bomba, possa dare l’impressione che l’Italia è già fuori dalla crisi. «Ho letto i giornali e ho ascoltato le cose dette in Senato. Il carico delle aspettative è eccessivo», ammonisce il presidente del consiglio . «Se c’è la sensazione che tutti problemi sono già risolti perché c’è un governo fortissimo, allora stiamo sbagliando: perché non è così. La situazione è di grandissima difficoltà e emergenza, e se siamo qui è per far fronte a questa emergenza».
Letta è tornato ad indicare nella riforma del sistema politico uno dei cardini del suo governo (l’altro è la politica
economica). Già nella scorsa legislatura, ha ricordato , sono s tati registrati «tanti punti di convergenza» tra le forze politiche. I 18 mesi indicati come scadenza per le riforme non vogliono essere uno sgarbo al Parlamento: ma la vita del governo sarà «legata» all’approvazione delle riforme necessarie a far sì che l’Italia abbia «istituzioni in grado di decidere». Sulle riforme sarà importante il concorso di tutti. E in questo senso Letta giudica importante l’atteggiamento della Lega: «Ho ascoltato l’apertura di credito della lega, l’ho colta con grande attenzione». Passando alle politiche anti-crisi Letta ha detto che sul lavoro e sul welfare l’impegno del governo e del ministro Giovannini sarà di «applicare in Italia le migliori esperienze che si sono fatte in Europa». Per la ripresa economica si tratterà soprattutto di stimolare una ripresa della fiducia: «Si è creato un clima per cui anche chi non ha perso il lavoro ha abbassato investimenti e consumi. Ma a ridare fiducia non sarà una legge o un comma, bensì la nostra responsabilità comune», ha aggiunto Letta.
Centrale, per il premier, il tema dell’ancoraggio dell’Italia in Europa. Un Europa che però deve cambiare: «Un continente come il nostro non può essere unito solo dalla moneta: il nostro destino o è comune o è un destino di singoli stati che decadranno». Letta ne parlerà nel suo tour nelle capitali europee: «Cercherò innanzitutto di presentarmi, di aprire un canale di comunicazione e di spiegare che cosa è successo in Italia negli ultimi cinque giorni». Ma Letta avverte: «La scelta che tutti insieme qui abbiamo fatto è figlia di una situazione d’emergenza, che noi affrontiamo con determinazione, buona volontà, energia e consapevolezza dei nostri limiti. Ma c’è un’emergenza, che non scompare con il voto di fiducia». «Se non c’è la consapevolezza dell’oggettiva fragilità di quanto fatto e di quanto stiamo facendo e si pensa che tutti i problemi si siano risolti facendo un governo io credo che abbiamo sbagliato. La situazione rimane di grandissima difficoltà». «I cittadini hanno il diritto di esigere da noi, la situazione di difficoltà necessita istituzioni che siano in grado di decidere». E invece «è chiaro che le nostre istituzioni non funzionano».
«Nel giro delle capitali europee cercherò innanzitutto di presentarmi e di aprire un canale di comunicazione anche per spiegare cosa è successo in Italia in questi ultimi cinque giorni», ha affermato Enrico Letta nel suo discorso di replica al Senato. Dopo la fiducia alla Camera, Angela Merkel era stata tra i primi leader stranieri che si sono complimentati con Letta. I due premier si incontreranno oggi alle 17,30 a Berlino. Dopo la tappa a Berlino, Letta ha in programma una sosta a Parigi e una visita a Bruxelles giovedì. L’obiettivo di questi viaggi è quello di presentare ai partner europei la politica che intende perseguire il nuovo esecutivo: l’Italia intende proseguire nel cammino di riordino dei conti pubblici ma chiede all’Unione europea di pensare alle politiche per la crescita e non solo a quelle di austerity. «L’Italia rischia di morire di austerità», ha spiegato ieri Letta. Al presidente francese Francois Hollande il premier chiederà- come ha già fatto Mario Monti durante il suo mandato di primo ministro – di fare asse per chiedere maggiore impegno dell’Unione europea per la crescita. A Bruxelles il premier incontrerà Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. E’ probabile che in questa occasione Letta faccia presente che l’obiettivo del risanamento è raggiunto e che il suo governo si attende che l’Italia esca dalla procedura d’infrazione.
Il presidente del Consiglio è stato criticato perché nel suo impegnativo discorso di ieri ha parlato di piano straordinario per la ricerca, di soluzione del problema esodati, di reddito minimo per le fasce sociali più disagiate, di nuove politiche industriali, di rilancio degli investimenti pubblici, di congelamento dell’Imu e dell’Iva senza spiegare dove verranno trovate le risorse per fare tutto questo. E’ probabile che le visite a Berlino, Parigi e Bruxelles servano a Letta per saggiare quali sarebbero le reazioni europee alla richiesta da parte italiana di poter usufruire, come e’ accaduto a Francia e Spagna, di una dilazione di due anni per il rientro dal deficit, soluzione che permetterebbe di muoversi con più agio nella spesa pubblica.