L’AQUILA – A quattro anni dal terremoto che quel fatidico 6 aprile provocò 309 vittime, 2000 feriti, 56 centri storici distrutti o semidistrutti fra cui quello dell’Aquila, la ricostruzione “pesante” è ferma al palo. Dopo il terremoto tutta la citta’, le sue 64 frazioni e i borghi del circondario furono evacuati e le abitazioni dichiarate inagibili. Centomila sfollati trovarono rifugio in 170 tendopoli, negli alberghi della costa abruzzese, in affitti concordati, in autonoma sistemazione.
Gli edifici, a seconda della gravita’ del danno furono classificati A (danni lievissimi), B e C (edifici temporaneamente o parzialmente inagibili), E (inagibili che richiedono interventi strutturali o addirittura ricostruzione ex novo come accadra’ in tantissimi casi nei centri storici). Dopo quattro anni chi risiedeva in periferia ed alloggiava in abitazioni classificate A, B, C, sono praticamente rientrati. Per quanto riguarda le case E va fatta una distinzione fra quelle della periferia cittadina (la stima parla di migliaia di pratiche) e quelle del centro storico del capoluogo (piu’ di 15 mila). Nella periferia a macchia di leopardo si vedono cantieri in via di ultimazione, ma ancora molti sono quelli che devono partire. A questi numeri vanno aggiunti quelli degli edifici dei centri storici nei Comuni del cratere. Il blocco totale riguarda invece il centro storico dell’Aquila, delle frazioni e degli altri borghi. In quattro anni si sono fatti solo puntellamenti (diversi dei quali da rivedere) che per L’Aquila sono costati circa 250 milioni di euro. Ma nonostante i Piani di ricostruzione (a partire da quello dell’Aquila) e delle frazioni sino stati approvati, l’assessore alla Ricostruzione al Comune dell’Aquila, Pietro Di Stefano, a febbraio di quest’anno ha tuonato dicendo che “i soldi non ci sono. Sono finiti i due miliardi di euro stanziati e adesso si naviga a vista”.
Piu’ caustico il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente: “Manca un afflusso costante di denaro e bisogna contrattare anno per anno con il governo”. “Se all’Aquila non arriveranno subito fondi e certezza di altri finanziamenti in modo tale da permetterci di fare in modo che per il 2015 una parte del centro storico sia ricostruita, l’Italia avra’ condannato a morte L’Aquila”. “Credo – ha aggiunto – che, se non ci saranno i fondi, gli aquilani si muoveranno per non fare piu’ parte dell’Italia. La prima cosa che chiedero’ e’ che si tolga il tricolore e che vada via il prefetto. Come dire: ci lasciassero morire in pace”. “Posto che il 6 aprile e’ una data tristissima, di terremoto, di lutto, di commemorazione delle vittime, viviamo l’anniversario piu’ difficile perche’ coincide con l’assoluto crollo della speranza. Con la situazione che si e’ creata si rischia di ammazzare definitivamente la speranza. A distanza di quattro anni, tutti hanno capito che abbiamo buttato via due anni, quelli del commissariamento. Ora ci hanno detto che e’ tutto e’ pronto per partire e non ci sono i soldi”.