ROMA – L’Italia prende atto dell’attacco americano in Siria e guarda avanti, alla fase negoziale, quella che vedrà le diplomazie e i funzionari impegnati a far dimenticare – posto che sia possibile – il sangue versato, quello dei civili siriani in primo luogo e dei soldati caduti poi. «Gli Usa -ha detto il premier Gentiloni parlando a palazzo Chigi prima della riunione del Consiglio dei ministri – hanno definito la loro azione come un’azione puntuale e limitata e non come una tappa di un’escalation militare».
Non l’inizio di una campagna dunque, ma un’azione definita e circoscritta, motivata come reazione a un crimine di guerra: «L’uso delle armi chimiche è vietato dalle convenzioni internazionali da numerose risoluzioni delle Nazioni Unite- ha ricordato il premier – Non può essere circondato dall’indifferenza e chi ne fa uso non può contare su attenuanti e mistificazioni’. Pur in una comprensione delle circostanze dell’attacco – la tradizione della politica estera italiana è prima di tutto filo atlantica – il premier Gentiloni ha tenuto fermo sul fatto che la Russia non possa essere esclusa dalla fase negoziale: «In questo negoziato vanno coinvolti le opposizioni e il regime, sotto l’egida Onu e con un ruolo decisivo e costruttivo della Russia». Come a dire: non spostiamo il baricentro dalla questione siriana all’inesplorato scenario del confronto russo-americano.
Senza sfumature invece la posizione presa sulla vicenda da Alessandro Di Battista, deputato M5S, che su un post Facebook attacca: «Dopo 20 anni di disastri non è cambiato nulla. Si pensa ancora che per cancellare le bombe e i morti la migliore soluzione siano altre bombe e altri morti. Non è bastato distruggere l’Afganistan, l’Iraq e la Libia? Trattano il mondo come fosse Risiko». E a proposito delle parole di Gentiloni commenta, stavolta su Twitter: «Sono sconvolgenti. Doveva richiamare alla pace ma un vassallo evidentemente non è libero di farlo. #Pace #NoWar». Anche il capogruppo M5S in commissione Esteri a Montecitorio, Manlio Di Stefano preferisce muoversi sul terreno della polarizzazione: «Follia degli #Usa di #Trump in #Siria. #Italia stia immobile davanti a nuova #Iraq».
Tra chi invece vuole saperne di più sugli attacchi con le armi chimiche, gettando così il dubbio se siano o meno targati Assad, c’è Giorgia Meloni, la presidente di Fratelli d’Italia: «Presenteremo un’interrogazione urgente all’Esecutivo per sapere quali sono le fonti che ha il nostro Governo per affermare con certezza granitica che c’è stato un bombardamento con armi chimiche, che quel bombardamento è partito da una base aerea sotto il controllo del governo siriano e che il responsabile è senza ombra di dubbio il governo di Damasco».
Chiamato a scegliere tra Trump e Putin il segretario della Lega, Matteo Salvini dichiara di scegliere «la pace, il dialogo e il commercio». Ma la bilancia sembra pendere un po’ di più dalla parte russa: «59 missili non sono mai una risposta intelligente a niente. Non si tratta di scegliere fra l’uno e l’altro: Putin è stato il primo, con coraggio, che ha combattuto contro l’Isis, che è il pericolo pubblico numero uno. E in questo momento questi missili danno ossigeno e forza all’Isis».
«Stiamo vivendo uno snodo cruciale per gli equilibri geopolitici mondiali – osserva più pacatamente Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, sempre su Facebook – In un momento come questo occorre sangue freddo, occorre senso di responsabilità da parte dei leader mondiali. La stella polare deve essere il dialogo, da costruire, contro il terrorismo internazionale, contro l’Isis. Punto di incontro, da sempre, tra Stati Uniti e Federazione Russia, super potenze in prima linea nella lotta al terrore. I fatti siriani non devono precludere la strada del confronto e delle azioni comuni su questo fronte».
Un richiamo all’unità dell’Europa, e un invito a sfruttare l’occasione del G7 viene invece da Enrico Letta, che ai microfoni di Rainews24 da Cernobbio ha osservato che «Su questi temi Obama si muoveva insieme agli europei, mentre Trump si muove unilateralmente. Il coinvolgimento dell’Europa è stato tardivo e formale».
«È vero – ha proseguito Letta in linea con le dichiarazioni del premier Gentiloni – che l’unico colpevole è Assad, ma ci sono molti interrogativi sulla strategia di Trump, che appare zigzagante con decisioni che sembrano condizionate dalle emozioni dell’opinione pubblica». Un’Europa capace di fare una proposta al tavolo del G7 si dimostrerebbe più forte «e adulta», anche perché – ha aggiunto Letta –
La Siria è più un affare dell’Europa che non degli Usa, i rifugiati vanno verso l’Europa non verso gli Usa».