TERAMO – La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di 16 persone, tra cui Antonio Di Matteo, direttore generale di Banca Tercas dal 2005 al 2011, accusato di avere utilizzato, approfittando della sua posizione di vertice, il patrimonio e le potenzialita’ finanziarie dell’istituto di credito teramano (cosiddetta ‘banca parallela’) ad esclusivo vantaggio proprio e di alcuni imprenditori amici.
Associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalita’, ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta della societa’ Gepafim Holding e riciclaggio sono i reati contestati, a seconda delle singole posizioni, dai pm Maria Francesca Loy e Giuseppe Cascini. L’11 febbraio prossimo, davanti al gup Giulia Proto, dovranno comparire, tra gli altri, gli imprenditori Francescantonio Di Stefano, Raffaele Di Mario, Gianpiero Samori’, Antonio Sarni e Vittorio Casale.
Le indagini sulla Banca Tercas sono state condotte dalla procura di Roma perche’ nella capitale sono stati avviati i procedimenti legati al fallimento del gruppo Dimafin di Di Mario e perche’ e’ romana la competenza a indagare sul reato di ostacolo all’attivita’ di vigilanza di Bankitalia, parte offesa in questo giudizio assieme alla Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo (Tercas).
Stando a quanto accertato dai magistrati e dalla Guardia di Finanza, grazie a Tercas il gruppo di imprenditori indagati e’ accusato di aver ottenuto “ingenti finanziamenti con modalita’ non rispettose dei protocolli istruttori adottati dalla Banca nei confronti di tutti gli altri clienti e che, oggi, all’esito del commissariamento, sono stati qualificati tutti come crediti di difficile recupero (ovvero ‘ad incaglio e/o sofferenza’) per un importo complessivo di 200 milioni di euro”.