ROMA – La Bce ha avviato l’acquisto di titoli italiani. Le prime operazioni, nell’ambito del piano di ‘quantitative easing’, hanno riguardato anche bond sovrani di Germania, Belgio e Francia, riferisce Bloomberg citando fonti finanziarie. Francoforte non ha commentato le indiscrezioni. La Banca Centrale Europea e le banche centrali nazionali dell’Eurozona hanno iniziato l’acquisto di titoli del settore pubblico, prevalentemente bond sovrani, come previsto dal piano di ‘quantitative easing’, che e’ quindi ufficialmente attivo da oggi. Lo conferma la stessa Bce via Twitter. Le operazioni, sono partite questa mattina con i Bund tedeschi, con la Bundesbank che si sarebbe concentrata sulle scadenze quinquennali.
Il programma di ‘quantitative easing’ ha l’obiettivo di riportare il tasso di inflazione verso il 2% e di riattivare il credito nell’Eurozona attraverso l’acquisto di titoli, prevalentemente bond sovrani, al ritmo di 60 miliardi di euro al mese.
Ecco cosa cambierà nel dettaglio: innanzitutto ci saranno 130-150 miliardi di euro di liquidità in più (su un totale di 1140 miliardi previsti dal Quantitative easing), uno choc salutare per l’economia. Si stima infatti che il Pil possa crescere già quest’anno tra lo 0,6 stimato da Prometeia, che non tiene conto però del miglioramento del cambio, e lo 0,8% (+1% nel 2016) di Confindustria. Ma soprattutto scenderanno notevolmente i tassi (ed il costo del debito pubblico), aumenteranno consumi, produzione ed anche il numero degli occupati (ma pure i prezzi). Ecco chi ci guadagna e chi ci perde.
Una mole così grande di liquidità avrà come primo effetto una forte riduzione dei tassi. Per Prometeia i rendimenti dei titoli a lunga scadenza dovrebbero scendere di 95 punti base. Le quotazioni dei Bot dallo 0,5% del 2014 dovrebbero portarsi attorno allo 0,2, mentre il Btp decennale scenderebbe dall’1,7% fino all’1,3 da fine anno sino a inizio del 2016 per poi risalire poco sopra al 2% a fine 2017.
Le banche dovrebbero essere invogliate a destinare agli impieghi a favore delle imprese la maggiore liquidità ottenuta con la cessione alla Bce dei titoli pubblici. Secondo Prometeia i prestiti sono destinati a salire dello 0,5% mentre i tassi scenderebbero di 35 punti base. Per Confindustria questo si traduce in un risparmio di circa 3,2 miliardi di spesa per interessi.
I tassi sui mutui casa già scesi molto nei mesi passati sono quelli che beneficeranno di meno dell’intervento della Bce ma il calo dovrebbe comunque proseguire. Oggi gli spread sono sotto il 2% (1,5% i mutui a tasso variabile, 1,85% quelli a tasso fisso) e nei prossimi mesi si potrebbe raggiungere anche un 1,3% medio ma non andare oltre. Basterebbe però estinguere i vecchi mutui per ricontrattarne dei nuovi, come suggerisce Mutuionline, per far risparmiare alle famiglie 30-40 miliardi di interessi.
La riduzione dei tassi combinata con l’attesa ripresa dell’economia darà un aiuto significativo al miglioramento dei conti pubblici. Senza considerare gli effetti dell’aumento del Pil (che ridurrà l’incidenza di deficit e debito ed aumenterà le entrate), la sola riduzione dei tassi quest’anno produrrà almeno 5 miliardi di risparmi nella spesa per interessi che potrebbero essere destinati a nuovi investimenti o taglio delle tasse.
Le famiglie beneficeranno di prestiti a tassi più convenienti e dovrebbero essere indotte ad aumentare le spese, soprattutto di beni durevoli e immobili, contribuendo in maniera significativa alla ripresa dei consumi interni. Di contro dovranno misurarsi con un aumento progressivo dell’inflazione, rendimenti quasi azzerati sui Bot ed in forte calo sui conti deposito. Mentre potrebbero spuntare migliori rendimenti dai titoli azionari.
Prestiti più facili a favore delle imprese ed una maggiore propensione alla spesa da parte delle famiglie faranno salire in maniera significativa gli investimenti in beni strumentali e in costruzioni. Prometeia azzarda un +4,36%.
L’effetto sul cambio si è sentito subito, è bastato l’annuncio del presidente della Bce Mario Draghi per iniziare a far scendere il valore dell’euro da quota 1,3 ed oltre a 1,10. Secondo Stefano Di Colli, economista del Servizi studi di Federcasse, a breve dovremmo scendere ancora per assestarci attorno ad un cambio 1 a 1 che durerà almeno sino a tutto il 2016.
Il cambio più favorevole darà una spinta significativa alle nostre esportazioni che dovrebbero salire del 3% quest’anno e qualche decimale in più il prossimo. E questo nonostante l’aggravamento delle recessione in Russia e l’acuirsi delle difficoltà in molti Paesi emergenti.
Il mercato del lavoro è quello che risponderà con più lentezza ai nuovi stimoli tanto che anche nel 2015 la disoccupazione resterà al 12,8%. Poi dal 2016, complice anche il Jobs act, secondo Prometeia la crescita dell’occupazione dovrebbe diventare più consistente e stabile ( 45/50 mila unità di lavoro in più a trimestre). In maniera tale da portare a fine 2017 la disoccupazione attorno all’11% a quota 2,9 milioni contro i 3,4 di oggi.