ROMA – Alla fine Silvio Berlusconi si arrende ai numeri ed è costretto in extremis a votare la fiducia al governo Letta che incassa quasi il pieno di voti (235), se si escludono gli assenti e qualche senatore che ha annunciato il suo no (70). Nel Pdl non c’è solo una fronda, ma una spaccatura profonda che lo avrebbe portato a certificare una sconfitta politica fino a qualche giorno fa inimmaginabile. E che potrebbe decretare il definitivo passaggio del testimone nel centrodestra a favore di Angelino Alfano.
Tutto avviene a palazzo Madama, nelle concitate ore che precedono il voto e in una girandola di colpi di scena e sterzate improvvise del Cavaliere. Per la verità, che qualcosa sia cambiato lo si capisce quando, all’arrivo a palazzo Madama, l’ex premier mette le mani avanti: «Fiducia? Vediamo, ascoltiamo Letta». Nella notte, chiuso a palazzo Grazioli con Denis Verdini, Niccolò Ghedini e Lucio Malan, le certezze hanno iniziato a vacillare. I contatti con i senatori non danno l’esito sperato. Da qui i dubbi mattutini del Cavaliere.
Le “colombe” giocano d’anticipo. Raccolgono 23 firme in calce a una mozione di sostegno all’Esecutivo, volutamente ostentante dal ministro Quagliariello in favore dei teleobiettivi. Berlusconi capisce che tira una brutta aria. Convoca il gruppo. Il suo intervento è costellato di «se» e «ma». Formigoni annusa l’aria e annuncia la costituzione di gruppi autonomia prescindere. Anche dal Pd parte la controffensiva per evitare una retromarcia che complicherebbe le cose: Dario Franceschini parla di «nuova maggioranza».
I falchi hanno gioco facile a forzare la mano e Berlusconi opta per la sfiducia. Poco dopo qualcuno fa filtrare la notizia: il Pdl voterà “no”. Ma ci sono già dei distinguo. E le cose cambiano ancora: mentre Letta, in Aula, parla di «rischio» fatale per il Paese invitando tutti a sostenere l’Esecutivo nell’interesse del Paese, a Berlusconi consegnano un foglietto: oltre ai 23 contrari alla sfiducia, ci sono 34 senatori che vogliono uscire dall’Aula. Messo davanti alla scelta fra una palese sconfitta politica e una altrettanto clamorosa retromarcia, il Cavaliere opta per la seconda. Prende la parola in Aula e annuncia la «travagliata» fiducia.
Luigi Zanda modifica in corsa l’intervento per dire che Berlusconi cerca di «nascondere» una clamorosa sconfitta. Nessuno, invece, dubita della vittoria di Letta, che incassa una fiducia amplissima, e di Angelino Alfano per il quale ora si apre la partita decisiva: impossessarsi del partito. Al Senato le colombe prendono tempo, mentre alla Camera lo strappo è consumato: 26 deputati danno vita a un nuovo gruppo.