
ROMA – Ieri D’Alema aveva dato disponibilità ad un’eventuale candidatura “trincerandosi”dietro un “Se il Partito me lo chiede, mi candido”. Oggi è arrivata la risposta di Pier Luigi Bersani: “Non chiederò a D’Alema di ricandidarsi”. Bersani mette in chiaro che non chiederà né a D’Alema né a nessuno di ricandidarsi “perché non nomino io i deputati. Il nostro partito si è dotato di una regola che nessun altro ha: chi ha fatto più di 15 anni, ossia tre legislature piene, deve chiedere una “deroga” per potersi ricandidare”. Un passo che D’Alema non sembra voler fare.
«Bersani si renzizza», dicono ora i fedelissimi del sindaco di Firenze. La partita della rottamazione è appena iniziata. Il segretario non risponde e tira dritto. Dopo l’avvio a Bettola domenica scorsa, venerdì 19 ottobre Bersani lancerà ufficialmente da Ginevra la sua campagna di candidato alle primarie del centrosinistra.
Alle 10.30 è prevista una visita in forma privata al Cern, mentre alle 12.15 il segretario del Pd sarà all’Ilo per incontrare il Direttore generale Guy Rider. Successivamente, alle 14.15, Bersani sarà ricevuto al WTO dal Direttore generale Pascal Lamy (Rue de Lausanne 154). La giornata a Ginevra si concluderà con un’iniziativa pubblica: alle 16.30 il leader del Pd incontrerà la comunità italiana al Teatro Uptown (2, Rue de la Servette). Bersani esclude spaccature nel partito in caso di vittoria di Renzi alle primarie: «Non vedo scissioni all’orizzonte. Prima c’è l’Italia, poi la ditta e poi le persone. Io sono convinto che a poco a poco si comprenderà in Italia che questo partito è l’unica carta che Italia può giocare per affrontare problemi».
Il passo indietro di Veltroni chiama intanto in causa politici Pd di lungo corso, i «dinosauri» per dirla con la poca delicatezza di Matteo Renzi, che misero piede per la prima volta in Parlamento sin dall’’87, quando, per dire, ancora non era caduto il muro di Berlino. È il caso di D’Alema e di Anna Finocchiaro ma sono circa una trentina i parlamentari democratici che hanno superato il limite di 3 mandati previsto dallo statuto del partito e che ora sono chiamati a decidere se lasciare o chiedere una deroga. Tra i decani del Parlamento, qualcuno ha già annunciato il ritiro. C’è l’ex tesoriere Ds Ugo Sposetti, eletto per la prima volta nell’87 e ora pronto a «fare il nonno» e l’ultimo segretario del Ppi Pier Luigi Castagnetti che, dopo 5 legislature alle spalle, ha deciso di non ricandidarsi e ha invitato i suoi coetanei a passare la mano perché «la nostra generazione ha fallito».