ROMA – “Questo è il nostro programma per il cambiamento del Paese. Siamo disponibili ad integrarlo e a discuterne”. “Il Pd e tutto il centrosinistra è pronto a sostenerlo anche se non dovesse toccare a me”. “Ciò che però il risultato elettorale esclude è la possibilità di un’intesa nostra con il Pdl”. Pier Luigi Bersani ha appuntato su un foglio uno ad uno i punti di programma e le possibili subordinate. Ha anche messo uno dietro l’altro le priorità del Pdl, dei centristi e del M5S per studiare le possibili compatibilità. Si dice pronto anche al passo indietro sul suo nome, come ieri sollecitava uno dei portavoce grillini, proprio per ribadire che non si tratta di un problema di nomi, ma di sostanza. E la sostanza, ripeteva anche ieri il segretario del Pd, «è quella uscita dalle urne. Noi non abbiamo la maggioranza al Senato, ma la fotografia del voto parla chiaro e Berlusconi ha perso».
Mentre si rimette alla «saggezza del Capo dello Stato», Bersani dà nuovi colpi ai paletti dentro il quale si muove la strategia del Pd così come uscita nell’ultima direzione e così come hanno ribadito i gruppi parlamentari. Sono proprio questi ultimi a dare al segretario la tranquillità necessaria. I duecento voti incassati dal nuovo capogruppo della Camera Roberto Speranza (un terzo del Parlamento), sono per Bersani l’assicurazione sulla vita. A palazzo Madama ha provveduto da solo il neocapogruppo Luigi Zanda («voterò per l’ineleggibilità di Berlusconi») a chiarire quale sarà la linea del Pd al Senato nei confronti del Pdl. Sacchi di sabbia accumulati per alzare la trincea che dovrebbe impedire la nascita di un governo tecnico insieme al Pdl.
Chiusi su questo punto tutti gli spazi dentro e fuori al partito, Bersani è pronto a rimettersi alle scelta che farà il Capo dello Stato anche se dovesse passare per l’affidamento di un mandato esplorativo al presidente del Senato Grasso, all’ex presidente della Consulta Onida o al ministro dell’Interno Cancellieri. Non c’è fretta al Nazareno in questo momento. «Prima o poi toccherà anche a Bersani provarci», sostengono all’unisono i collaboratori del segretario che fanno notare come nel frattempo si avvicini la data per l’elezione del nuovo capo dello Stato.
La partita per l’elezione del nuovo capo dello Stato è l’unica che in questo momento interessa a Berlusconi che ieri l’altro ha lasciato senza combattere che il Pd si riprendesse la poltrona di palazzo Madama. «Se Bersani non riuscirà a mettere su un governo è ovvio che Napolitano ci presenterà un esecutivo di scopo con pochi punti per poi tornare a votare. Vedremo a quel punto cosa farà Berlusconi…», sostiene un neodeputato del Pd. Un ragionamento che porta diritto alla battaglia per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Ovvero se Bersani non riuscirà ad andare a palazzo Chigi ancor più diventerebbe facile un’elezione del nuovo capo dello Stato a colpi di maggioranza Pd, Scelta Civica e, forse, M5S. Con il Pdl di Berlusconi che rimarrebbe tagliato fuori e che potrebbe avere difficoltà nel sostenere un governo anche se di pochi mesi.