L’AQUILA – E’ stata chiamata “Operazione Cloning”. Un indagine della polizia di Stato e dei carabinieri che, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica dell’Aquila, ha portato all’arresto di 55 persone appartenenti ad una organizzazione criminale transnazionale specializzata nella clonazione di carte di credito. L’operazione ha portato alla luce un’attività che aveva come base la Bulgaria e che, negli ultimi due anni, era riuscita a clonare migliaia di carte di credito e bancomat riuscendo a sottrarre 36 milioni di euro a cittadini di paesi europei.
Oltre che nella Bulgaria l’organizzazione era estremamente ramificata in diversi Paesi europei e del Centro-Sud America. In 38 sono stati arrestati in Bulgaria, 1 in Olanda, in regime di mandato d’arresto europeo; i restanti 16 arresti sono stati invece eseguiti in diverse località italiane. Gli arrestati sono di nazionalità bulgara, italiana e romena. Oltre 70 provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal Gip del Tribunale di L’Aquila, Romano Giuseppe Gargarella, sulla base delle prove raccolte nel corso delle investigazioni.
Agli indagati sono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di frodi informatiche, alla clonazione e all’indebito utilizzo di carte di pagamento. L’attività di indagine è stata condotta da un pool interforze di Polizia di Stato e Carabinieri (Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Compartimento di Polizia Postale di Pescara, Sezione di Polizia Postale di Teramo,Squadra Mobile della Questura di Teramo, supportata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma e Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Ostia). Per i profili di cooperazione internazionale, ci si è invece avvalsi sia del contributo dell’European Computer Crime Centre (EC3) di Europol, che ha favorito lo scambio informativo tra gli organismi di polizia dei Paesi coinvolti nell’indagine e nell’operazione, sia della determinante collaborazione delle competenti Autorità giudiziaria e di polizia della Repubblica di Bulgaria.
L’indagine è stata avviata alla fine del 2010, prendendo spunto da una serie di segnalazioni relative a sistematiche manomissioni di sportelli bancomat di agenzie di diversi Istituti di credito in provincia di Teramo e Roma. Gli accertamenti e i servizi tecnico investigativi, all’epoca eseguiti dalla Sezione di Polizia Postale e dalla Squadra Mobile di Teramo, hanno presto portato in evidenza un più ampio ed articolato fenomeno criminale, che presentava profili di connessione rispetto agli obiettivi delle indagini avviate contemporaneamente dall’arma dei carabinieri su analoghi eventi commessi sul litorale laziale. L’unicità dell’associazione, che aveva in Abruzzo il principale organizzatore, ha portato la Procura Distrettuale di L’Aquila a richiamare nel proprio fascicolo di indagine le attività investigative condotte dalle altre Autorità giudiziarie e di polizia italiane, tutte riconducibili allo stesso gruppo criminale composto principalmente da cittadini bulgari, ma con affiliati italiani e romeni, estremamente mobili sul territorio di diversi Paesi del mondo.
Nel corso dei due anni di indagine, il pool interforze di investigatori aveva già arrestato 49 ulteriori affiliati alla stessa organizzazione, sorpresi sul territorio italiano nella flagranza dei reati di manomissione degli sportelli bancomat. Le successive investigazioni, svolte in un contesto interforze e di cooperazione internazionale di polizia e giudiziaria, hanno evidenziato che il sodalizio criminale era caratterizzato da un assetto organizzativo molto articolato, supportato da procedure e tecnologie sofisticate e innovative.
In particolare, è stato accertato che il vertice operativo del gruppo criminale aveva sede nella città di Plovdiv (Bulgaria), dalla quale venivano pianificate le strategie criminali poste in essere, nella fase della cattura dei codici delle carte di pagamento elettronico, in tutte le Regioni italiane, in Germania, Regno Unito, Spagna, Polonia, Olanda e Svizzera. I contatti tra il vertice del gruppo e i “capi cellula” avvenivano periodicamente anche per consentire l’approvvigionamento dei dispositivi informatici utilizzati per carpire illecitamente i codici delle carte di pagamento. Tali dispositivi, comunemente chiamati “skimmer”, presentavano caratteristiche tecnologiche di altissimo livello ed efficacia: erano in grado non solo di carpire i codici delle carte bancomat inserite dagli ignari titolari all’interno degli sportelli bancari, ma anche di creare dei file cifrati (per proteggere i codici contenuti al loro interno) e di trasmetterli per via telematica ai vertici dell’organizzazione in Bulgaria.
Nella maggioranza dei casi, l’organizzazione procedeva ad effettuare le spendite in frode in Perù e Santo Domingo. I proventi illecitamente acquisiti, infine, venivano trasferiti in contanti in Bulgaria, attraverso voli intercontinentali che generalmente facevano scalo in Olanda e riciclati avvalendosi di società con sede a Sofia. Le indagini hanno permesso di quantificare in circa 50mila euro al giorno la somma di denaro che il gruppo criminale riusciva ad incassare. Complessivamente, nei due anni di attività, il gruppo si è quindi illecitamente impossessato di circa 36 milioni di euro. Le perquisizioni eseguite l’11 dicembre a carico degli arrestati, in Italia e Bulgaria, hanno portato al rinvenimento di veri e propri “laboratori”, costituiti da una ingente quantità di materiale elettronico e informatico, atto alla manomissione degli sportelli bancomat e alla clonazione delle carte di pagamento.