L’AQUILA – Il buco sul cranio di Papa Celestino V fu causato quando il santo pontefice era morto da tempo. Il dubbio sarebbe finalmente fugato. A questa conclusione è giunta la perizia effettuata dal dottor Luca Ventura, dirigente medico dell’Unita’ Operativa di Anatomia Patologica dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila.
La ricognizione dei resti mortali di San Pietro Celestino era stata effettuata il 23, 24 e 25 febbraio scorsi quando si decise di riesumare la salma alla quale “rinnovare” il volto in cera che col tempo aveva subito un progressivo deterioramento. Ora, seguendo i lineamenti scheletrici, il volto di Celestino V – di cui sono state svelate le vere fattezze – e’ stato dotato di una maschera in argento. “L’esame paleopatologico dei resti ossei si legge alla fine della minuziosa relazione del dottor Ventuta – ha fornito importanti informazioni sulle caratteristiche funzionali e sulle patologie del Santo del Morrone.
La presenza del buco sul cranio, che per secoli ha alimentato leggende ed ipotesi, quasi mai basate su criteri scientifici, puo’ essere finalmente inquadrata in modo corretto. Non la traccia del delitto orchestrato dal successore Bonifacio VIII, ma un foro praticato sullo scheletro molto tempo dopo la morte”. “Le ossa – si legge nella relazione – si presentano integre ed in ottimo stato di conservazione, non necessitano pertanto di ulteriore consolidamento. I resti appartengono ad un uomo di eta’ adulto-anziana, dotato di discreta struttura ossea di base, con modesta robustezza delle inserzioni muscolari. La statura corrisponde a 168 cm circa e le ossa dell’arto superiore destro presentano diametri e lunghezze maggiori dei controlaterali, indicando un soggetto destrimane”. “Su entrambe le clavicole presenta alterazioni riferibili al trasporto di pesi sulle spalle non eccessivi, ma per tempi molto prolungati. In regione frontale sinistra si osserva foro rettangolare di mm 9 x 5, con asse maggiore disposto perpendicolarmente al margine orbitario, dal quale il bordo piu’ vicino dista 30 mm. I bordi della lesione appaiono netti, grossolanamente rettilinei, di colore piu’ chiaro rispetto alla superficie esterna del cranio.
Il profilo dei bordi mostra la sequenza dei due tavolati ossei e della diploe e presenta uno spessore di 4 mm. Il versante endocranico del foro, esplorato mediante endoscopia digitale, mostra caratteristiche e dimensioni analoghe, con focali scheggiature del tavolato interno. Non sono presenti lesioni accessorie, quali fratture radiali e concentriche, in prossimita’ del foro principale. La distinzione delle lesioni craniche prodotte in vita (ante mortem) da quelle occorse dopo il decesso (post mortem) costituisce una problematica complessa. Essa si basa su elementi rilevabili all’esame ispettivo, che forniscono risultati attendibili anche in assenza di studi radiologici. L’assenza di reazione riparativa dell’osso esclude che l’individuo possa aver riportato la lesione in vita ed esser sopravvissuto, anche per breve tempo. L’assenza di fratture accessorie radiali e concentriche consente invece di escludere categoricamente l’evenienza di una lesione prodotta in vita o sul cadavere (peri mortem), vale a dire su osso allo stato fresco. Infine, il colorito piu’ chiaro delle superfici di frattura conferma che la lesione e’ stata prodotta sull’osso scheletrizzato. Le scheggiature del tavolato interno indicano un colpo proveniente dall’esterno”.
“Tali elementi – afferma l’anatomopatologo – depongono quindi per una lesione certamente postmortale (pseudopatologia), prodotta su osso secco, riconducibile all’impatto a bassa velocita’ di un oggetto a superficie ridotta, tipo punta metallica, proveniente dall’esterno, verosimilmente procurata in fase di sepoltura o recupero delle ossa. Tra le altre condizioni patologiche vale la pena di segnalare la possibile presenza di sinusite cronica, segni di usura dentale e parodontopatia e la perdita in vita del primo molare superiore destro con ascesso periapicale. Tali elementi e la totale assenza di carie, depongono per una dieta povera di zuccheri raffinati. Per quanto riguarda la colonna vertebrale, la presenza di ernie di Schmorl e’ da riferire a carichi ponderali sostenuti specialmente nell’adolescenza, mentre artrosi di grado modesto e’ presente a livello delle vertebre lombari.
Due le patologie congenite riscontrate: la sacralizzazione della V vertebra lombare (fusione della vertebra col sacro), condizione che puo’ produrre curvature anomale della colonna causando dolore, e la spina bifida occulta (schisi parziale del sacro), reperto frequente nel materiale osteoarcheologico, che rappresenta una condizione in genere asintomatica e compatibile con una vita normale”. A compiere la ricognizione dei resti di Pietro da Morrone, Papa per cinque mesi, dal 5 luglio 1294, e’ stata una commissione scientifica, storica e religiosa istitutita dall’Arcidiocesi dell’Aquila. Ora il Papa del Perdono, il cui volto fu inizialmente riprodotto seguendo le sembianze del Cardinale Confalonieri, dal 5 maggio tornera’ nella basilica di Collemaggio, chiesa costruita per volonta’ dello stesso Celestino V proclamato santo il 5 maggio 1331 da Papa Celemente V.