ROMA – Il M5S sbanca Roma e Torino. Due trentenni, entrambe donne. Chiara Appendino travolge Piero Fassino con quasi 10 punti di vantaggio, mentre il trionfo di Virginia Raggi nella Capitale era talmente fuori discussione che la britannica Bbc ne dava ieri notizia già all’ora di pranzo, a urne aperte.
Un pezzo d’Italia vuole mettere i grillini alla prova, ora toccherà a loro dimostrare se sono capaci di governare, oltre che di cavalcare l’anti-politica. Su 20 ballottaggi, il Movimento 5 Stelle ne ha vinti ben 19, perdendo solo ad Alpignano (nel Torinese). «Ed è solo l’inizio», esulta Beppe Grillo. Il Pd schiva la catastrofe grazie alla vittoria di Beppe Sala a Milano: l’ex amministratore di Expo 2015 batte di 3 punti il candidato di centrodestra Stefano Parisi. Senza storia il match napoletano, dove l’ex-pm Luigi De Magistris (non ha parrocchia politica) è stato confermato sindaco con due terzi dei voti. Secondo copione anche la riconferma (niente affatto «chiara e forte», come vorrebbe accreditarla la propaganda governativa) di Virginio Merola nella «rossa» Bologna.
Non è certo il risultato che Renzi sognava alla vigilia. Il premier, alla prima vera sconfitta, punta ad un “reset” per ripartire. Emergono segni di stanchezza dell’elettorato perfino in una città come Torino, che certo non era stata male amministrata. La giustificazione di «Mafia Capitale» in questo caso non regge. Il perché della disaffezione va ricercato più a fondo, e qualche domanda il premier se la dovrà pur porre. Se non vi provvederà lui, ci penserà la sua minoranza interna che partirà all’attacco già venerdì in Direzione (sebbene D’Alema abbia dichiarato al seggio di essersi regolato secondo le indicazioni del partito, votando Roberto Giachetti). Sempre più decisivo, ai fini della stabilità politica, si annuncia il referendum costituzionale di ottobre, e il ballottaggio di ieri non permette a Renzi di stare troppo sereno.