
L’AQUILA – Dopo la condanna di tutti i membri della Commissione Grandi Rischi, sono diversi i pareri e le opinioni che si sono susseguiti nelle ore successive. Da un lato chi è stato direttamente interessato a causa della perdita dei propri familiari. Dall’altro la scienza, che continua ad affermare l’imprevedibilità di un terremoto. In mezzo i tanti politici e cittadini che hanno un pn’idea personale della sentenza, ma che in linea di massima si schierano a favore dei giudici. E poi ci sono loro, i sette componenti della Commissione che ovviamente non riescono a capire le motivazioni dei sei anni di pena a loro comminati, cercando una spiegazione.
Un lungo applauso ieri ha salutato la notizia della condanna. Molti aquilani si erano riuniti nella piazza principale della città per parlare di tasse ma si è cambiato in fretta argomento: «Sei anni? So’ pochi! Hanno fatto bene, benissimo», hanno detto i cittadini riuniti sotto un tendone nella piazza della città. «Ci hanno rassicurati e poi siamo morti dentro casa», hanno detto con amarezza il senso di questa sentenza storica e sorprendente.
Il sindaco Massimo Cialente ha provato a chiarire il motivo dell’applauso: «Volevamo questa sentenza per capire, ma il dramma non si cancella. Il Comune si era costituito parte civile per chiedere giustizia ma ora la giustizia la vogliamo anche per tutto quello che è successo dopo il 6 aprile». Soddisfatta anche Stefania Pezzopane, all’epoca presidente della Provincia: «Erano venuti solo per rassicurarci. Sono vicina agli aquilani traditi e umiliati ma non vinti».
Per Giampaolo Giuliani la sentenza è una rivincita: è l’esperto che con le sue ricerche sul radon aveva studiato la serie di scosse a l’Aquila dando l’allarme prima della tragedia. «Quello che è emerso dal processo è che i membri della commissione avevano una grande responsabilità e sono venuti meno. Sono orgoglioso che ci siano giudici e avvocati che siano riusciti a portare avanti un processo storico, su un argomento così difficile. Per la prima volta, in meno di tre anni, un processo esce con una sentenza. Per Ustica e Bologna sono passati 30 anni senza trovare responsabili».
Il pm Fabio Picuti ha spiegato che “”Tutto il filo conduttore del processo non era la ricerca di colpevoli, ma quella di capire i fatti, perché noi con il compianto procuratore capo, Alfredo Rossini, volevamo solo capire i fatti”. “L’Aquila – ha aggiunto – ha consentito che si tenesse questo processo delicato e si arrivasse a sentenza”.
Reazioni opposte per i sette Componenti della Commissione. “Sono avvilito, disperato. Pensavo di essere assolto. Ancora non capisco di cosa sono accusato”, ha commentato a caldo Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). “Una sentenza sbalorditiva e incomprensibile, in diritto e nella valutazione dei fatti”, ha affermato l’avvocato Marcello Petrelli, difensore del professor Franco Barberi. “Una sentenza che – ha aggiunto – dovra’ essere rivalutata in appello”. “Mi ritengo innocente di fronte a Dio e agli uomini”, ha spiegato Bernardo De Bernardinis, ex vicecapo della Protezione civile e attuale presidente dell’Ispra. “La mia vita da domani cambierà, ma se saranno dimostrate le mie responsabilità in tutti i gradi di giudizio – ha aggiunto – le accetterò fino in fondo”. “La mia credo sia la testimonianza di dignità di un funzionario pubblico” ha aggiunto De Bernardinis, ricordando che ha partecipato a tutte le udienze del processo e che, dopo la condanna, è stato salutato con una stretta di mano dal pm Fabio Picuti. “Avrei voluto evitare non solo questi morti – ha aggiunto – ma anche quelli del ’94 in Piemonte e in Irpinia. Forse questo Paese deve cercare di concentrarsi di piu’ per capire quali sono i veri problemi di vulnerabilità e fragilità”. E a chi gli chiedeva se da domani cambierà l’atteggiamento degli scienziati, De Bernardinis ha risposto che “senz’altro cambia l’attitudine dell’assunzione delle responsabilità”.
Anche “la scienza” internazionale interviene sul caso. Gli scienziati Usa della Union of Concerned Scientists, una influente Ong statunitense, si schierano contro la sentenza di condanna dei sette membri della Grandi Rischi per il terremoto dell’Aquila. Si tratta di una decisione “assurda e pericolosa”, si legge in un comunicato: “Il presidente Napolitano dovrebbe” intervenire. Dal Giappone gli fa eco Shinichi Sakai, professore associato dell’Earthquake Research Institute di Tokyo: “Se fossi stato io lì avrei detto le stesse cose perché non è possibile stabilire quando può verificarsi una forte scossa sismica”. “Dopo che l’Aquila è stata investita da terremoti di piccola intensità, gli scienziati hanno affermato che un sisma di grande potenza era improbabile ma possibile, sottolineando l’incertezza in questo campo”, si legge in un comunicato sul sito della Ong. “Quando il forte sisma ha colpito, causando vittime, gli scienziati sono stati messi sotto processo. In quell’occasione l’American Geophysical Union ha messo in guardia sul fatto che le accuse potevano mettere in crisi gli sforzi internazionali per capire i disastri naturali, perché il rischio di un contenzioso scoraggia gli scienziati e i funzionari dall’avvisare il proprio governo o anche lavorare nel campo della previsioni rischi in sismologia”.
C’è poi una voce fuori dal coro, quasi neutrale e rassegnato nelle sue affermazioni. Una persona che ha vissuto il terremoto su due fronti contrapposti: da giornalista e da padre di famiglia. E’ Giustino Parisse, giornalista del quotidiano Il Centro, che la notte del 6 aprile 2009 ha visto morire i propri figli sotto le macerie: “E’ per questo che quello che si è svolto nel tribunale dell’Aquila non è stato un processo alla scienza- ha detto – ma è stato piuttosto un processo a scienziati che di fronte al volere dei potenti dell’epoca hanno ‘staccato’ il cervello e obbedito agli ordini”.