Per ogni uomo è esercizio di estrema difficoltà guardarsi allo specchio, perché certe storie non possono essere raccontate a sé stessi, e allora diciamo altro di noi, spesso racconti non veri. Abbiamo una certa idea, spesso non veritiera di noi, e lo scontro con il reale, inevitabilmente, finisce per crearci infelicità, angosce, paure, fino a sentirci incompiuti. Ignoriamo l’esistenza dell’altro da sé, un dispettoso gemello che si cela nelle profondità più recondite, una forma di “buco nero”, figlio, molto spesso sconosciuto, di una storia che viene dalla notte del tempo.
Non era un compito facile scrivere di questo mistero umano, senza scendere nella banalità retorica di tanta letteratura precedente sull’argomento; ma Patrizia Splendiani, intellettuale delle relazioni, ci è riuscita. Un libro che si distacca mille anni luce, appunto, dalle precedenti argomentazioni sul tema. Perché? Per il motivo molto semplice che, in questo libro originale nei contenuti (Omèion. Le quattro energie dell’Indipendenza- Drakon Edizioni, Spoltore –Pescara- 2023), l’autrice, con la sua scrittura di raffinata semplicità, unita alla notevole conoscenza lessicale, dona al lettore un dialogare tra gemelli fuori delle righe, davanti allo specchio, ovvero instaura con il lettore una conversazione di tipo liberatorio tra amici che non si vedono da tempo immemore.
Patrizia, dunque, parla con junghiana conoscenza di immagini “primordiali” o di Archetipi che, secondo lo scienziato elvetico, sono energie innate negli umani, che si modificano nell’inconscio collettivo, oltre il campo prettamente culturale. Con la sua scrittura saggia l’autrice invita – o forse trascina – il lettore in infinite latitudini, dove, di volta in volta, si è consapevole della propria metamorfosi. Un luogo ideale dove si è noi stessi, ma solo per un attimo, per poi ritrovarsi in un altro luogo, che ha ci già trasformati in un altro sé stesso. Una catena fatta di magiche armonie della psichè che, come meta finale, donano una serenità, una chiarezza lessicale, che fa di questo testo un antesignano di un nuovo modo di conoscersi, e dunque, amarsi.
Patrizia Splendiani, nel suo scrivere originale, ci guida, prendendoci per mano, in un sentiero fatto di emozioni e fluidi misteriosi. Un percorso che non può che partire dall’io “ego”, quello che di noi sappiamo e che crediamo di essere, e che, molto spesso, non siamo; l’altro gemello di noi celato nelle ombre dell’inconscio. Siamo di fronte ad un Teatro Intimo che Patrizia mette in scena con leggiadra maestria. Sul “palco della personalità” di ognuno di noi, agiscono, con energia, nel Dramatis Personae, le forze antagoniste che vivono in noi: a-Persona/Personaggio (che spesso ha il sopravvento sovrastante), b-Ombra/Luce, in un continuo rincorrersi in una giostra senza fine, la notte che ci rende schiavi dei sogni, esiste in funzione della Luce che verrà, ma è “vitale”, o ancor meglio ha la vivacità misteriosa dell’alfaomega del nostro antro, dove vivono “animus” e “anima”, cioè l’immagine maschile nella donna e viceversa l’immagine femminile nell’uomo.
Affermazioni junghiane che, uscite dalla penna geniale di Patrizia, portano alla conclusione, di tutto il libro, che è ben rappresentato dalla copertina, come paradigma di classicità; le tre colonne, in realtà, altro non sono che i pilastri della Kabbalah, per l’Albero della vita, che ci invitano a dialogare con l’altro “io”, che per pigrizia intellettuale ignoriamo, perché come disse Dostoevskij, “certe cose non si possono dire neanche a noi stessi”, ma che prima o poi il nostro essere ci farà dire.
FRANCESCO DI ROCCO