ROMA – Il vice capo vicario della polizia, Nicola Izzo, ha annunciato le sue dimissioni questa mattina dopo la vicenda del corvo del Viminale. Izzo è stato tirato in ballo da una denuncia anonima su presunte irregolarità negli appalti gestiti dal Viminale. Il ministro Anna Maria Cancellieri ha però respinto le dimissioni.
Izzo avrebbe inviato una mail questa mattina al ministro Anna Maria Cancellieri e al capo della polizia Antonio Manganelli. «Respingo le dimissioni presentate dal vice capo di Polizia Nicola Izzo, perché credo che una persona non possa essere giudicata sulla base di un esposto anonimo sul quale non abbiamo ancora riscontri – ha detto il ministro dell’Interno – Apprezzo il senso di responsabilità del prefetto Izzo, ma ritengo che non ci siano le condizioni per accogliere le sue dimissioni». Sulla vicenda del ‘corvo’ al Viminale, ha aggiunto, «accelereremo per avere le risultanze dell’inchiesta interna perché credo che la trasparenza sia fondamentale negli uffici pubblici e noi lavoriamo perché vengano fugati dubbi e incertezze. Non dobbiamo avere nessuna ombra».
La Procura di Roma potrebbe ascoltare nei prossimi giorni Nicola Izzo e il prefetto Giuseppe Maddalena, ex responsabile della direzione tecnico logistica del Viminale. Entrambi infatti vengono citati nell’esposto anonimo giunto al Viminale e. Indagini sono in corso a Piazzale Clodio per tentare di capire cosa e chi ci sia dietro il dossier anonimo finito all’attenzione del ministro Annamaria Cancellieri e da lei inviato in Procura.
Cancellieri ha però difeso Izzo: «Non si condanna un uomo per un esposto anonimo o per delle parole». Così il ministro dell’Interno ha risposto ai cronisti che gli chiedevano quale fosse la posizione del Viminale nei confronti del vicecapo vicario della Polizia Nicola Izzo. Il ministro ha poi risposto ai giornalisti che le riportavano voci di dimissioni da parte del vicecapo della Polizia. «Mi hanno detto di qualcosa del genere ma non c’è nulla – ha risposto il ministro – e in ogni caso è importante quello che dirà la magistratura e che diranno i riscontri interni che stiamo facendo». E comunque, ha concluso il ministro «non si condanna un uomo per un esposto anonimo o per delle parole».