ROMA – Si aggiunge una nuova voce al coro di quelle che chiedono verità e giustizia sulla morte di Stefano Cucchi. A parlare questa volta è il presidente del Senato Piero Grasso: «Chi sa parli – dice alla cerimonia del 4 novembre, al sacrario dei Caduti d’Oltremare – Ci sono dei rappresentanti delle Istituzioni che sono certamente coinvolti in questo caso. Che si abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, perché lo Stato non può sopportare una violenza impunita di questo tipo». «Intanto – ha aggiunto Grasso – è doverosa e giusta la solidarietà alla famiglia della vittima di violenza. Devo dire che la violenza non può far parte della dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da rappresentanti delle istituzioni». «Noi speriamo di continuare a cercare la verità – ha concluso – nonostante ci siano state delle sentenze che non hanno saputo o potuto trovarla. Pensiamo che bisogna continuare su questa strada dando la massima solidarietà ai famigliari delle vittime».
Intanto il procuratore generale di Roma Luigi Campoli ha fatto sapere che «valuterà la sussistenza di motivi» per ricorrere in Cassazione «dopo aver letto le motivazioni» della sentenza di assoluzione in appello degli imputati per la morte di Cucchi. «La Procura Generale di Roma – ha detto Ciampoli – esaminerà, con la lettura delle sentenza, la motivazione che darà la Corte d’assise di appello alla decisione di non accogliere le richieste di condanna degli imputati, fatte con ampia e argomentata requisitoria dal Pg di udienza, valutandone la congruità, la coerenza e la legittimità».
«Valuterà, di conseguenza – ha aggiunto Ciampoli – la sussistenza di motivi di ricorso in Cassazione, dove – ha sottolineato – già pende altro ricorso, sempre presentato dalla Procura Generale di Roma, contro un’altra sentenza relativa alla presunta responsabilità del personale medico del carcere di Regina Coeli che diede assistenza a Cucchi prima del trasferimento all’ospedale Pertini», dove il giovane morì.
Ieri il procuratore Pignatone ha ribadito la disponibilità a «rileggere dalla prima all’ultima pagina, tutto il fascicolo, oltre alle motivazioni della sentenza d’appello, per verificare l’eventuale responsabilità di persone finora escluse dalle indagini. Perché è evidente che sulla sentenza non abbiamo diritto di intervenire». Un eventuale ricorso spetta semmai al procuratore generale della Cassazione. Quanto a una potenziale riapertura del caso, si dovrà attendere la rilettura delle carte. Ci vorrà ovviamente un po’ di tempo, tanto più che il deposito delle motivazioni delle corte di assise di appello di Roma avverrà entro 90 giorni. Solo dopo si capirà se esistono i presupposti per un’indagine bis.
Sempre ieri il capo dei pm romani si è confrontato, per oltre mezz’ora, con i sostituti Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, a cui fu affidata l’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi e dichiara che «godono entrambi della mia fiducia». Sottolineando, inoltre, che i due suoi colleghi «hanno fatto un lavoro egregio». Di qui la profonda amarezza di Ilaria Cucchi: «Sono sinceramente confusa. Non capisco come mai il dottor Pignatone abbia garantito a me e ai miei genitori che avrebbe studiato tutto il fascicolo senza pregiudizi. Dopo nemmeno due ore, infatti, ha già capito che i pm Barba e Loi hanno fatto un ottimo lavoro. Com’è possibile?». Secondo Ilaria «i casi sono due: o il procuratore capo è riuscito in nemmeno due ore a studiare alla perfezione tutto il fascicolo relativo alla morte di mio fratello Stefano oppure forse oggi abbiamo perso tutti del tempo».