ROMA – Usa il termine «fase 2» l’autorevole fonte della Casa Bianca che parla dei «deliverable», cioè le cose concrete su cui Roma e Washington devono lavorare insieme. Piùprecisamente: “Dall’Italia ci servirà aiuto anche nella fase 2 della Libia”.
Nella sua visita a Washington Matteo Renzi ha ricevuto un’investitura assoluta da parte del presidente Obama, non solo come premier italiano che non dovrebbe mollare anche se perdesse il referendum, ma come leader su cui si può costruire il futuro dell’Europa. Messaggio lasciato in eredità alla prossima amministrazione, nei desideri del capo della Casa Bianca guidata da Hillary Clinton, la cui consigliera Neera Tanden oggi vedrà a pranzo il presidente del Consiglio.
La stabilità dell’Italia e dell’Europa, però, passa prima di tutto dal contenimento dell’emergenza migranti, che è stata un fattore determinate nel referendum sulla Brexit, e minaccia di affondare anche la cancelliera tedesca Merkel: «Non possiamo permetterci – dice la fonte – un altro anno come quello passato, con un milione e mezzo di rifugiati in arrivo». Per fermarli bisogna agire nell’immediato su due fronti, la Siria e la Libia, e nel lungo termine sullo sviluppo dei Paesi africani da cui scappano i migranti. Da qui il ruolo chiave dell’Italia.
La «fase uno» è stata la formazione del governo di accordo nazionale in Libia, seguita dall’offensiva lanciata per cacciare l’Isis da Sirte. Questo però non basta, perché l’esecutivo di Sarraj non controlla metà del Paese e rischia di cadere in ogni momento. Quindi bisogna passare alla «fase due», per sostenerlo sul piano diplomatico, economico e anche militare.
Sul primo punto, la decisione già presa e quella di passare ad una diplomazia più assertiva, che costringa le parti in causa a trovare un accordo per la stabilità. Non si parla solo del governo di Tripoli, e del generale Haftar alleato con la componente di Tobruk, ma soprattutto dei loro sponsor. L’Egitto, ad esempio, ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale un prestito da 30 miliardi di dollari, perché la sua economia priva di risorse petrolifere sta crollando. Washington è disposta ad aiutarlo e nei prossimi giorni manderà una missione per trattare, ma sul tavolo del negoziato vuole mettere anche un comportamento più responsabile in Libia, dove Al Sisi sostiene Haftar.
Sul piano militare, l’Italia sta già dando molto. Non solo i 300 soldati che hanno permesso la realizzazione dell’ospedale a Misurata, o la base di Sigonella che secondo fonti americane «è già utilizzata a pieno», ma anche la consolidata presenza della nostra intelligence sul terreno. Questo è molto apprezzato dagli americani, ma servirà uno sforzo ulteriore. Ad esempio, per completare la cacciata dell’Isis da Sirte, mettere il governo in condizione di controllare meglio i propri confini e le proprie acque, aiutarlo a costruire un vero esercito unitario, addestrarlo, e sostenerlo nelle operazioni per difendersi.
Da parte sua, il presidente Obama ha confermato la volontà di mettere i mezzi della Nato a disposizione dell’operazione Sophia, per contribuire ai soccorsi in mare dei migranti, quando gli europei si attiveranno per coordinare le loro esigenze con le risorse dell’Alleanza.