ROMA – Fiducia con contorno di ostruzionismo, sul «decreto Fare», quella che prevede il menù di domani alla Camera. Il Movimento 5 Stelle, insieme a Fdi e Lega, si mette di traverso e rende impossibile prevedere quando ci sarà il voto finale sul provvedimento, dopo un prevedibile disco verde alla fiducia intorno alle 13.
«Se il tema è costruire un percorso che consente all’Aula di esprimersi in tempi ragionevoli sui singoli emendamenti è un conto, se invece il tema è l’accoglimento di un certo numero di emendamenti la cosa cambia», ha messo in chiaro Dario Franceschini ponendo la questione di fiducia nell’emiciclo.
«Alla fine avevamo presentato otto-nove punti qualificanti di modifica al decreto del Fare, punti che avrebbero migliorato un testo pressoché impresentabile. Al governo, però, evidentemente non interessa affatto licenziare norme utili al Paese», tengono duro i deputati M5S in una nota congiunta. Per Sel è Ciccio Ferrara, coordinatore della segreteria nazionale, a leggere la mossa del governo dicendo che «se fosse stato discusso in Aula, il provvedimento avrebbe diviso la maggioranza su temi fondamentali».
Al Parlamento, Franceschini fa notare che la fiducia sarà posta sul testo elaborato dalla commissione nell’ultima stesura su cui si è raggiunta l’intesa, senza il ricorso alla «strozzatura» del maxiemendamento, ma, appunto, che la fiducia è stata resa necessaria dopo aver verificato che il M5s manteneva un numero alto di emendamenti: «Dopo aver registrato circa ottocento emendamenti al decreto, ieri in una riunione al comitato dei 18 il governo ha fatto presente che dato il calendario previsto prima della pausa estiva, con sei decreti da convertire e diversi provvedimenti importanti, quel numero di emendamenti avrebbe reso inevitabile il voto di fiducia». Il Pd, con il capogruppo a Montecitorio, Roberto Speranza, esprime un «giudizio grave» sulle scelte M5S: «Rischia di ritardare provvedimenti decisivi».
Tamburi di guerriglia parlamentare che si uniscono alla polemica che non si placa sulla legge contro l’omofobia. «In Aula la legge arriverà con una maggioranza politica che potrebbe essere favorevole», pronostica il Pdl Antonio Leone, relatore della legge, ribadendo che «il testo dell’emendamento presentato da me e da Scalfarotto è frutto di un accordo politico tra il Pdl ed il Pd, che naturalmente passerà al vaglio della discussione in Aula il prossimo 26 luglio» e che «si tratta di una norma di civiltà, che non ha nulla a che vedere con i temi etici». «Il testo sull’omofobia prodotto nella notte dalla commissione Giustizia della Camera è irricevibile per coloro che credono nel diritto naturale e nella libertà di opinione», avverte invece Maurizio Sacconi. «La tutela dei diritti non può essere ostacolata con il pretesto che minerebbe la libertà d’opinione. Sarebbe come dire che l’apologia del fascismo non può essere reato perché mina la libertà», controbatte dal Pd Francesco Laforgia.