ROMA – Di Maio cerca di mettere paletti chiari. Innanzitutto sul reddito di cittadinanza, che «deve partire nel 2019, nella legge di Bilancio dobbiamo mettere le coperture». «Noi e la Lega abbiamo fatto un contratto. Quando non andiamo d’accordo ce lo diciamo». È il caso dell’offensiva di Salvini sui magistrati: «Le cose che non ci vedono d’accordo, come la separazione delle carriere, nel contratto non le abbiamo messe. Le cose che non sono nel contratto non si faranno».
Intanto Di Battista nega di volersi candidare alle Europee per provare a stoppare il sorpasso leghista pronosticato da molti sondaggi. Sorpasso a cui lui non crede: «La Lega al 30%? Vedremo». Ma per essere uno che «ha lasciato la politica», come lo descrive Gomez, si mostra ancora molto appassionato. Il protagonismo di Salvini, per “Dibba”, è dovuto soprattutto ad una precisa scelta «dell’establishment, ritengono la Lega salviniana meno pericolosa di M5s».
Il governo giallo-verde «non aveva alternative», premette. Ma poi fa capire che le prossime mosse saranno decisive: «La correttezza della Lega, la voglia di cambiare radicalmente le cose si vedrà sul tema della nazionalizzazione di Autostrade. Sento che già Giorgetti fa ammunina, dice “andiamoci piano”. Andiamoci piano un c…». E anche su Tav e Tap, «purtroppo non siamo al governo da soli. Ma è dovere di una forza del 32% convincere il socio di minoranza». Insomma, «il tempo ci dirà, vedremo se la Lega di Salvini è una Lega diversa o se è una Lega maroniana nascosta sotto il volto di Salvini».
Di Maio sa bene che ora deve incassare qualche risultato ma è consapevole anche delle voci che parlano di un Salvini tentato dal ritorno al voto: «Flat tax, reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero sono le tre priorità di questo governo. Le dobbiamo portare avanti». Sul Tap «troveremo nel governo una soluzione, innanzitutto con l’analisi costi-benefici». Di certo, garantisce, la minaccia dello spread non farà cambiare piani: «Dobbiamo scegliere tra il giudizio di un’agenzia di rating o gli interessi dei cittadini. Non pugnaliamo alle spalle gli italiani».
E su Autostrade il vicepremier fa capire di non essere disposto ad accettare marce indietro, per quanto riguarda la nazionalizzazione: «La concessione ad Autostrade la togliamo, è una promessa». E, nel frattempo, attacca i Benetton, «disumani, sono passati 15 giorni e non hanno detto una parola». Nei prossimi mesi ci vorranno risultati, e Di Maio ne è consapevole: «Il mio impegno e la nostra credibilità passerà proprio per il fare o non fare le cose previste dal contratto di governo».