ROMA – Aumenta l’incertezza tra le forze politiche della maggioranza, in particolare tra Pd e Pdl, sulla data delle elezioni. Pier Luigi Bersani dice no alla crisi di governo minacciata dal Pdl se non si farà l’election day, ma si scontra con la posizione netta di Angelino Alfano. Mentre anche Pier Ferdinando Casini si schiera per il voto anticipato chiedendo che il Parlamento vari la legge elettorale e poi si vada alle urne. E Gianfranco Fini ribadisce di preferire l’election day perché «una campagna elettorale di cinque mesi danneggerebbe il Paese».
Il braccio di ferro si gioca tra i due principali azionisti della maggioranza che sostiene il governo di Mario Monti, il Pd e il Pdl. «Se si vuole considerare l’ipotesi di anticipare le elezioni politiche si proceda alla modifica della legge elettorale e non a far polemica», dice Bersani. Secondo il segretario del Pd la data «delle elezioni regionali, legge alla mano, è dovuta, obbligata. Quanto all’ipotesi di anticipare le elezioni politiche bisogna rispettare le prerogative del presidente della Repubblica». Ma da via dell’Umiltà arriva il “niet” di Alfano, che ripete che votare a febbraio per le Regionali e ad aprile per le politiche vorrebbe «una tassa di cento milioni sugli italiani». «Sulla crisi di governo, molto dipende da Bersani. – dice Alfano – se insiste a portare il paese a votare, per uno capriccio, venti giorni prima delle politiche, noi non possiamo seguirlo. È una follia, che il governo deve impedire. Noi speriamo che il governo fermi questa follia entro domani. Valuteremo la decisione dell’esecutivo domani in consiglio dei ministri».
Il Capo dello Stato, interpellato dai cronisti, si trincera dietro un “no comment”: «Non ne parlo ora», risponde. Ma durante gli Stati generali della Cultura sottolinea un inciso: «Io non invado campi altrui, ma non taglio solo nastri». Giorgio Napolitano fa un cenno anche al governo Monti su cui «non esito a esprimermi con spirito critico» ma non perdendo di vista quel che «l’Italia deve al governo del presidente Monti per un recupero incontestabile di credibilità e di ruolo nel mondo». «Non si può giocare con il rischio di un fallimento dei conti dello Stato», ripete. «Bisogna trovare una soluzione assieme, non dobbiamo dare prova di infantilismo politico», prova a mediare Casini. «Siamo preoccupati da una campagna elettorale che durerebbe 4-5 mesi, paralizzando il governo. E che non serve a nessuno. Coi problemi e con le tensioni sociali, sarebbe meglio una campagna che duri due mesi». Chiede il voto subito il leader di Sel, Nichi Vendola: «Per ragioni legate alla crisi sarebbe utile andare quanto prima al voto, chiudere la parentesi del governo tecnico e anche unire le elezioni regionali e le elezioni politiche». Sul tema intervengono anche i presidenti delle Camere. Renato Schifani dice di essere «fiducioso sul fatto che si possa trovare una soluzione di mediazione che accontenti tutti e che consenta al nostro Paese di non vivere momenti di tensione come quelli che stiamo vivendo in questo momento». Per Gianfranco Fini l’election day è «opportuno» sia per risparmiare sia per evitare al Paese «cinque mesi di campagna elettorale».
Sul palco dell’assemblea della Cna, Bersani e Alfano si ritrovano divisi su quasi tutto, ma uniti contro l’ipotesi di un Monti-bis su cui non scommetterebbero «neanche un centesimo». «Non scommetterei che avremo questa stessa maggioranza tra sei mesi», ha spiegato il leader del centrodestra, ricordando che «quello di Monti è un Governo che è arrivato in una condizione di eccezionalità». Per Casini, invece, «in politica come nella vita non bisogna mai dire mai: invito tutti alla cautela» ha spiegato, caldeggiando l’idea di un voto anticipato per non andare incontro a cinque mesi di campagna elettorale, che si rivelerebbe uno svantaggio per qualsiasi coalizione.