PALERMO – Una confessione ampia con nomi e cognomi dei coinvolti, di chi nel 2012 ricopiò le firme da presentare a sostegno della lista per le elezioni comunali di Palermo, magari senza rendersi conto che il reato che stavano compiendo era grave, punibile con la reclusione da due a cinque anni, stabilisce la legge.
E ora, dopo che la deputata regionale siciliana del Movimento Cinque Stelle Claudia La Rocca ha vuotato il sacco, tremano i deputati nazionali grillini e rischiano l’incriminazione una trentina di persone. Perché il testo unico del 1960 che disciplina questa delicatissima materia elettorale prevede che il reato di alterazione di un atto collegato a una consultazione popolare venga contestato non solo a chi materialmente lo commette ma anche a chi ha tratto consapevolmente beneficio da quelle falsificazioni.
È sempre più bufera, dunque, sui grillini siciliani: ora affiorano le faide interne, le guerre tra chi vuol fare pulizia, in testa il capogruppo all’Assemblea regionale, Giancarlo Cancelleri, candidato cinque anni fa alla presidenza della Regione e di nuovo in attesa di nomination, e il gruppo del parlamentare nazionale Riccardo Nuti, che invece era stato l’aspirante sindaco di Palermo e che è considerato uno degli artefici del pasticciaccio brutto di via Sampolo, la strada di Palermo in cui c’era la sede del comitato dei cinquestelle e in cui si sarebbe consumato l’errore – gravissimo – che può costare l’azzeramento del Movimento nel capoluogo siciliano. E anche una serie di condanne penali.
Claudia La Rocca, 35 anni, non ha atteso la convocazione dei magistrati: c’è andata lei spontaneamente. Con un avvocato al seguito, pronto ad entrare in scena non appena la sua posizione si fosse complicata. Come in effetti è avvenuto: quando la giovane esponente del M5S ha ammesso di avere partecipato a quei momenti di isteria collettiva, nella notte che precedette la presentazione della lista, il procuratore aggiunto Bernardo Petralia e il sostituto Claudia Ferrari l’hanno fermata, avvisandola che da quel momento si doveva considerare indagata e che poteva avvalersi della facoltà di non rispondere.
Lei però ha scelto di andare avanti, così come ha detto di aver concordato col proprio gruppo, che fa capo a Cancelleri, per fare chiarezza: assistita dall’avvocato Valerio D’Antoni, ha fatto i nomi dei presenti e di coloro che, per rimediare all’errore nel luogo di nascita di uno dei candidati, ricopiarono circa duemila firme. Un clima di omertà incredibile ha avvolto questa vicenda, venuta fuori a tre anni di distanza, dopo l’archiviazione di una prima indagine, grazie all’attivista Vincenzo Pintagro e ai servizi televisivi delle Iene. Lo stesso Pintagro, che fu solo testimone, aveva fatto i primi nomi, indicando anche la La Rocca. Un altro esponente dei Cinque Stelle, convocato dai pm, ha parlato delle proprie responsabilità, senza indicare altri: è finito pure lui sotto inchiesta. C’erano – e copiarono, come spiegato dalla La Rocca – fra gli altri, Claudia Mannino, poi eletta deputato nazionale, e Samantha Busalacchi, oggi aspirante alla candidatura come sindaco di Palermo.