ROMA – Per conto di Berlusconi stamane alla Camera ha parlato Renato Brunetta: “Faremo di tutto per fermarli”. Anche Francesco Paolo Sisto ha fatto la sua parte. Il capogruppo di Forza Italia ha presentato 800 emendamenti alla riforma costituzionale: il relatore di minoranza, deputato di fede fittiana, si è dimesso «con il dolore profondo del giurista (non c’è nulla di più esaltante che scrivere la Costituzione per chi è nato tra i codici»), ma con la coerenza dell’appartenenza («e Dio sa quanto è necessario oggi ribadire la fedeltà al proprio partito, senza opportunismi, ora Fi è libera di non essere scontenta, di scegliere solo quello le piace», ha detto in aula Sisto).
Sembra così saldata la posizione di Fitto, che da tempo chiede a Berlusconi di non votare le riforme di Renzi, e la rabbia del Cav che vuole vendicarsi dalla «fregatura» presa dal premier sul Quirinale. Una saldatura di fatto ma non politica perché Fitto continua a bombardare il quartier generale chiedendo le dimissioni di coloro che hanno gestito il patto del Nazareno, a cominciare dai capigruppo Brunetta e Romani, e che ora mostrano con grave ritardo di essere stati illuminati sulla via di Damasco.
Ma il dato più interessante è un’altro: il Royal Baby, come lo ha investito Giuliano Ferrara, ha un fronte avverso sempre più ampio. E Berlusconi, confortato dai sondaggi della Ghisleri sul gradimento della rottura da parte degli elettori forzisti, è convinto di poter tornare ad essere il catalizzatore degli umori neri contro quello che lo stesso leader azzurro ora definisce il «dittatorello fiorentino». Una china che lo spinge inesorabilmente tra le fauci leghiste di Matteo Salvini, lo allontana dai centristi di Area popolare (Ncd-Udc), mettendo ai margini Denis Verdini (ex ambasciatore e custode del patto del Nazareno).
L’opzione leghista anche in vista delle regionali di maggio è pericolosa, scivolosa per un partito che ha dietro gli interessi aziendali del Cav ed è stato sempre punto di riferimento di una certo elettorato moderato sempre più orfano. Non è certo questa la strada per creare un rapporto con il nuovo capo dello Stato, il quale finora è voluto rimanere osservatore silente sul recente confronto agitato che ha porttao il Cav a parlare di «deriva autoritaria».
E poi i numeri, la forza di bloccare i piani di Renzi. Ieri si è votato alla Camera la richiesta dei 5 Stelle di riportare in commissione la riforma costituzionale dopo le dimissioni di Sisto. Hanno votato a favore, oltre i grillini ovviamente, la Lega, Sel, Per l’Italia e anche Forza Italia. Risultato: la richiesta è stata respinta dai partiti della maggioranza (Pd-Ncd-Udc-Selta civica) con 124 voti di differenza. Per il momento è la conferma dell’autosufficienza ripetuta da Renzi e dal ministro Boschi in questi giorni.