
L’AQUILA – Parte della stoffa del reliquiario di papa Karol Wojtyla, rubato la scorsa settimana dal santuario di San Pietro della Ienca, e’ stato ritrovato dalla polizia. Il tessuto, intriso del sangue del Beato Giovanni Paolo II, era attaccato all’interno di un’ampolla con due filamenti d’oro. I ladri l’avevano spaccata propria per appropriarsi di quei pezzettini, comunque di scarso pregio. Per il furto sono stati denunciati tre giovani aquilani, rei confessi.
Intanto, sperando di ritrovare i rimanenti frammenti della stoffa, la polizia scientifica di Roma, con i cani molecolari, sta scandagliando il garage del palazzo antisismico del progetto ‘Case’ di Tempera dove i profanatori avevano fatto a pezzi la teca pensando di trovare roba di valore. Il reliquiario e’ stato ricomposto dal vescovo ausiliare dell’Aquila Giovanni D’Ercole.
A ricostruire la dinamica del furto sacrilego è stato il dirigente della squadra mobile Maurilio Grasso. Presenti anche il dirigente della squadra volante Enrico Rendesi, il capitano del Reparto operativo dei carabinieri Ragucci, alcuni parroci, Pasquale Corriere, presidente dell’associazione San Pietro della Ienca e, ovviamente, il questore Vittorio Rizzi.
Gli investigatori ieri avevano ritrovato, su segnalazione dei giovani ladri incastrati dai tabulati telefonici, la teca contenente l’ampolla spaccata in due dove era custodita la reliquia e il crocifisso. Il tutto gettato dietro un cespuglio nei pressi del Sert, nell’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria di Collemaggio. Un angioletto, invece, che era posizionato sopra la piccola urna, era stato recuperato nell’abitazione di Tempera di uno dei tre indagati, tutti conosciuti alle forze dell’ordine.
Il vescovo D’Ercole si e’ detto “felice” del rinvenimento. Mancherebbero adesso solo minuscoli frammenti e il filamenti d’oro che gli investigatori stanno ancora cercando. San Pietro della Ienca e’ un vecchio santuario, ristrutturato, dedicato a Karol Wojtyla amante delle montagne abruzzesi dove spesso si recava in gran segreto con il suo fidato segretario Stanislaw Dziwisz, oggi cardinale e arcivescovo di Cracovia.
Fu lui, nel 2011 a donare personalmente la reliquia al santuario che sorge alle falde del Gran Sasso aquilano, tra Camarda ed Assergi. Appena si arriva nella chiesetta una stele raffigurante Karol Wojtyla da’ il benvenuto ai fedeli. La preziosa reliquia e’ un pezzetto di stoffa intrisa di sangue, grande piu’ o meno quanto un francobollo, ritagliata dall’abito che Giovanni Paolo II indossava il 13 maggio nel 1981 quando, nel corso di un’udienza generale, rimase vittima dell’attentato in piazza San Pietro compiuto da Ali Agca, terrorista turco.
“Il sacro resto, pur non essendo nella sua totalita’, e’ comunque ricostruibile, e questo rappresenta una grande gioia per il mondo cristiano. La reliquia e’ infatti composta da una teca, da un supporto, da un drappeggio rosso e da frammenti rossi e bianchi, di cui e’ presente ancora una buona parte. Mancano solo alcune particelle che erano legate a due fili d’oro, e che evidentemente sono andate perse nella rottura del vetro che le proteggeva”. Lo ha annunciato il vescovo vicario dell’Aquila monsignor Giovanni D’Ercole nel corso della conferenza stampa, in questura, dove e’ stato annunciato il rinvenimento.
Il questore Vittorio Rizzi ha parlato di “un risultato investigativo importante e rapido che e’ la conferma della sintonia operativa che sussiste in citta’ tra ma magistratura tutte e le forze di polizia. Tale esito – ha aggiunto – e’ anche un segnale alla citta’ dell’attenzione che la polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri hanno verso i reati contro il patrimonio. In questo caso, l’atto criminoso era anche un sacrilegio. E se l’azione congiunta ha portato ad una cosi’ brillante soluzione lo si deve anche al fatto che i riflettori sono sempre accesi su questo tipo di reati”. Presente anche il sostituto procuratore David Mancini, titolare dell’inchiesta, “soddisfatto” per l’esito delle indagini, condotte in grande sinergia tra la polizia e carabinieri, “perche’ hanno fatto luce su un reato che ha colpito il sentimento piu’ intimo dei cittadini, cosi’ legati alla memoria di papa Wojtyla. Questo stato d’animo ha fatto si’ che il lavoro fosse ancora piu’ serrato e che portasse presto i suoi frutti. E’ comunque la dimostrazione – ha aggounto il pm – della grande attenzione verso il territorio che ha consentito di arrivare presto ai 3 giovani che si sono resi responsabili del furto, pensando di avere a che fare con un oggetto di grande valore economico, senza sapere che il pregio era sostanzialmente quello religioso. Quando si sono resi conto che il contenuto della teca non era oro e quindi non sarebbe stato smerciabile, se ne sono disfatti seppellondola insieme al crocefisso nella campagne adiacenti alla Basilica di Collemaggio. L’interesse di ragazzi era verosimilmente il filo d’oro nascosto oltre il vetro. L’angioletto dorato e’ stato invece ritrovato nella perquisizione condotta a casa di uno dei tre giovani. La reliquia, d’ora in poi, non perdera’ valore, ma anzi portera’ con se’ quello aggiunto dello sforzo compiuto dalle istituzioni per restituirla alla comunita’ aquilana”.