ROMA – L’orientamento definito dai tecnici di Bruxelles è che la Commissione europea, nella riunione di mercoledì, debba proporre ai governi dell’Unione di redistribuire su base obbligatoria 40 mila dei migranti in fuga dalle guerre, quelli che hanno attraversato il Mediterraneo e sono sbarcati sulle nostre coste.
Il 60 per cento dovrebbe essere prelevato dall’Italia (22 mila), il resto dalla Grecia (18 mila). La mossa alleggerirebbe in parte il peso sui centri di accoglienza dei due paesi più esposti all’emergenza e, per la prima volta, creerebbe un meccanismo di solidarietà obbligatorio per riallocare chi ha diritto alla protezione. È un impianto, va precisato, che non riguarda in alcun modo i migranti economici e chi non può ottenere l’asilo: «Chi può essere rimandato a casa, deve essere rimandato a casa – assicura un alto funzionario -. Ci sono le regole, basta applicarle».
Il condizionale resta d’obbligo. La certezza sui numeri e i metodi, per ora in bozza e senza sigillo “politico”, si avrà solo a metà settimana quando il collegio dei commissari – a cui i Trattati attribuiscono il ruolo di scrivere le proposte nominative europee – varerà l’insieme delle disposizioni operative per la sua Agenda Immigrazione. Potrebbe cambiare qualche cifra, magari anche crescere, però l’ordine di grandezza dovrebbe essere assodato. Il pacchetto di base, approvato dieci giorni fa, crea le fondamenta per una politica comune a ventotto in un settore che, fino a questo momento, è stato di competenza dei governi nazionali.
Fra le altre cose, la strategia scritta dalla Commissione, e voluta con forza dal trio di testa Juncker-Mogherini-Avramopolous, conferisce più mezzi e fondi alla missione Triton; introduce un sistema temporaneo di distribuzione vincolante e di emergenza dei migranti che ne hanno diritto; apre un nuovo canale pilota obbligatorio per gli asilanti che ancora non sono sul territorio europeo (20 mila, per ora); pone le basi per schemi di accoglienza permanenti dal 2016; riapre il dibattito sul controverso regolamento di Dublino III che attribuisce al porto più vicino l’onere di registrazione etc. Si lavora anche uno strumento per la lotta ai trafficanti.
Nella comunicazione del 13 maggio mancava il numero da attribuire al meccanismo di ridistribuzione dei migranti arrivati, ovvero la risposta «cosa ne facciamo dopo averli salvati?». Si era parlato di ventimila anime, adesso la Commissione è intenzionata a raddoppiare: è un precedente, più che una soluzione, visto che da noi gli arrivi del 2015 erano 37,982 mila il 17 maggio. Se il Consiglio – cioè i governi a cui spetta l’ultima parola – sarà d’accordo, da luglio partirà lo smistamento organizzato su una base di criteri, fra cui pil, popolazione, disoccupazione, sforzi precedenti. Nonostante le polemiche, il Team Juncker non intende cambiare la formula per questa decisione temporanea. Entro l’anno, presenterà una proposta per un sistema definitivo.
La Commissione propone di alleggerire i centri di accoglienza greci e italiani a patto che i due paesi dimostrino pieno rigore nell’identificare e nel custodire (evitare cioè che i centri di accoglienza siano un colabrodo e rispedire al mittente chi non ha diritto di restare). È il principio della solidarietà in cambio della responsabilità.
La proposta della Commissione è di triplicare i fondi e aumentare le navi. A conti fatti, la missione navale finirà per assomigliare a quella che l’ha preceduta, la vituperata Mare Nostrum. Attesa la decisione di consentire l’allargamento dell’area di azione oltre le 30 miglia marittime (sino a 50, con ogni probabilità». E una maggiore flessibilità nel poter effettuare manovre di “Search and Rescue”, cosa che sinora non faceva parte del mandato).
Lunedì i capi di gabinetto dei ventotto commissari Ue chiuderanno il pacchetto. Mercoledì il collegio lo varerà, sfidando ogni polemica, perché questa è la determinazione del presidente Juncker che vuole costringere gli stati membri a essere solidali oppure a prendersi la responsabilità del loro rifiuto. Il 15 giugno primo esame politico al Consiglio dei ministri degli Interni. Decisione finale al vertice Ue del 25-26 giungo, insieme con la missione navale davanti alla Libia che si spera nel frattempo sia stata sdoganata dall’Onu. Alcuni paesi non parteciperanno all’Agenda e alla redistribuzione (Regno Unito, Danimarca, Irlanda). Altri potrebbero votare contro. La Francia è incerta, la Germania è favorevole con fermezza, come l’Italia. Nonostante i dinieghi, e le proteste accese, la maggioranza per approvare l’intero disposto, dovrebbero esserci. Salvo i soliti imprevisti e colpi di scena.