ROMA – Oggi il primo voto di fiducia, domani gli altri due e martedì il voto finale. L’Italicum corre spedito verso l’approvazione nell’Aula della Camera dopo l’accelerazione imposta da Matteo Renzi. Ma la fiducia sulla legge elettorale infiamma il clima nel Parlamento e soprattutto nel Pd dove una cinquantina di deputati potrebbero uscire dall’Aula in occasione del voto. «Rispetto le posizioni di tutti e di ciascuno» ha spiegato Renzi. «Fa male sentirsi dire che siamo arroganti e prepotenti: stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà».
La sinistra grida allo scandalo, accusando il premier di un gesto immotivato e tanto più grave, visto che nei voti della mattina di ieri a scrutinio segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità, il governo e l’Italicum avevano passato indenni la prova. Ma il premier sa che basta poco per cadere su uno degli 80 voti segreti (il più insidioso è quello sull’apparentamento al secondo turno che piacerebbe a tutti i piccoli partiti). Ecco perché ha deciso di forzare la mano.
«Io non esco dal Pd, bisogna tornare al Pd» spiega oggi Bersani dopo che ieri aveva annunciato l’intenzione di non partecipare al voto. «Il gesto improprio di mettere la fiducia lo ha fatto Renzi, non io. È lui che ha fatto lo strappo» spiega smentendo lo spettro della scissione da parte di chi non voterà la fiducia. E ancora: «Si ricordano degli ex leader per chiedere loro lealtà solo quando si tratta di votare queste fiducie, non quando rimuovono dalla commissione o non ti invitano alle feste».
Ora la domanda che lacera tutta la minoranza del Pd è cosa fare: ieri un summit dei bersaniani aveva sancito la spaccatura della corrente, con l’ex capogruppo Speranza deciso a non partecipare alla fiducia, seguito da Bersani, Bindi e Letta. Civati, Fassina e D’Attorre già avevano annunciato il loro niet, ma è la mossa di chi per due anni ha guidato il gruppo di trecento deputati a spiazzare tutti. «Non metto la mia firma a questa violenza sul Parlamento», è il siluro di Speranza. Che apre una crepa in una corrente lacerata: Zoggia, Stumpo, Leva lo seguono, altri, come Enzo e Damiano, no. Subito scatta un pressing per far rientrare il dissenso e nella minoranza c’è chi prevede che una cinquantina, tra bersaniani e cuperliani non voteranno la fiducia e che una trentina invece si allineeranno.