ROMA – Si guarda al Colle, ma per ora Pd e Forza Italia confermano l’accordo sulla legge elettorale. L’incontro tra Renzi e Berlusconi rinsalda il patto del Nazareno, mentre di Quirinale si riparlerà martedì in un nuovo faccia a faccia. Ma è l’Italicum a creare fermento all’interno dei due partiti. Che sembrano spaccati e alle prese con le rispettive minoranze. In casa dem la relazione del segretario passa con 71 voti favorevoli, ma con 29 senatori della minoranza che votano contro. Anche in Forza Itala la situazione resta tesa con Fitto che incalza Berlusconi a tornare su suoi passi sull’intesa raggiunta col premier: «Così sarà un suicidio». Ma il Cavaliere sembra volere tirare dritto e voler assicurare la maggioranza al Pd con i suoi voti.
«Con buona pace dei frenatori noi andiamo avanti: con prudenza, saggezza, buon senso e equilibrio» spiega. Non si può «aspettare, rallentare perché l’Italia ha già rallentato troppo e nei campi sbagliati. È il momento di accelerare sulle riforme perché siamo qui per non perdere neanche un minuto».
Il premier e l’ex premier si incontrano dopo che il primo, in puro slang twittesco, lancia di prima mattina un messaggio ai suoi compagni di partito che vorrebbe essere rassicurante. «Con Italicum preferenze e singoli candidati di collegio. Spariscono le liste bloccate. Ballottaggio è garanzia anti inciucio», cinguetta. Poi va a conferire con il secondo. Le somme, alla fine, le tira il sottosegretario Lorenzo Guerini: il Pd non cambia linea e Fi deve introiettare la cosa; i capilista bloccati resteranno 10. Quanto ai problemi interni del Partito Democratico, si troverà la sintesi, dicono fonti interne.
Probabile, ma nel frattempo la minoranza del suddetto Pd lascia intendere di avere intenzioni bellicose. Miguel Gotor, dissidente di spicco, presenta un documento firmato da ben 29 senatori del gruppo e avverte: «Noi non arretriamo, è una questione di dare rappresentanza ai cittadini, vogliamo entrare nel merito della legge elettorale». Ad essere messo in discussione sia il merito dell’Italicum, a partire dai capilista bloccati, sia il metodo del prendere o lasciare. Quando, dopo l’incontro con Berlusconi, Renzi partecipa alla assemblea dei senatori del suo partito il clima non è idilliaco. Tanto che il Presidente del Consiglio interviene ad ammonire e rassicurare. Ma al momento della conta ecco la divisione che emerge poderosa. Per la prima volta da quando è divenuto segretario del Pd, Renzi è costretto ad assistere a un gesto di aperto dissenso: i 29 firmatari del documento si alzano e se ne vanno, senza partecupare alla votazione finale. La linea della segreteria passa con 71 voti: maggioranza più che piena, ma la vittoria ha un sapore molto amaro.
Parlando all’assemblea dei senatori, Renzi ha proposto «di stare sul testo del senatore Esposito (che con un emendamento recepisce l’intero accordo di maggioranza, ndr). Facendo così, in 48/72 ore arriveremmo all’approvazione della nuova legge elettorale». E anche Berlusconi confermando che Forza Italia «manterrà fede ai patti» ha invitato i suoi senatori a sostenere «il testo proposto da Esposito».