ROMA – Il Consiglio dei ministri ha approvato i decreti attuativi del Jobs Act. È quanto si apprende in ambienti di Governo. All’esame ora c’è il decreto Milleproroghe. Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo che disciplina il contratto a tutele crescenti, la modifica dell’articolo 18 e i nuovi indennizzi in caso di licenziamento illegittimo. Sul tavolo anche il decreto che dovrebbe estendere l’Aspi: il provvedimento concederebbe le tutele dell’ammortizzatore sociale anche ai lavoratori fino ad oggi esclusi.
Ecco le misure previste in breve: dal contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti con indennizzi legati all’anzianità di servizio, con il superamento di fatto, nella gran parte dei casi di licenziamenti illegittimi, del reintegro dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, all’estensione del sussidio di disoccupazione. Sono queste le principali novità contenute nei primi due decreti attuativi della riforma del lavoro. Il testo consentirebbe alle aziende anche l’«opting out». Una specie di «jolly» che impedirà anche a un lavoratore accusato ingiustamente di una mancanza di poter tornare a lavorare. L’azienda potrà pagare un indennizzo maggiorato (si parla di 30 mensilità), e liberarsi comunque del dipendente. Per quanto riguarda l’indennizzo economico per i «licenziamenti economici», si andrebbe verso da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mesi di retribuzione, nelle aziende sopra i 15 dipendenti. Per quelle più piccole resta la norma attuale (tra i 2,5 e i 6 mesi di retribuzione).
Il consiglio dei ministri di oggi ha varato anche un pezzo della riforma fiscale. Si tratta di un decreto legislativo che accorpa tre diverse deleghe: di modifica delle sanzioni penali tributarie, sulla cosiddetta cooperazione rafforzata e sull’abuso di diritto. Le nuove regole tracciano un confine marcato fra elusione ed evasione fiscale. Il decreto equipara l’elusione all’abuso di diritto: se sarà accertato il fatto elusivo, l’azienda potrà avere un contraddittorio con l’Amministrazione fiscale e dimostrare che le operazioni contestate avevano una ragione economica e non avevano l’obiettivo prioritario di pagare meno tasse. Se riusciranno a convincere il Fisco non dovranno nulla, diversamente pagheranno quanto dovuto fino all’ultima lira più le sanzioni. Le nuove regole portano con sé un ammorbidimento delle soglie di punibilità sulla evasione: quella oltre la quale la dichiarazione infedele e l’omesso pagamento dell’Iva si trasformano in reato penale dovrebbe passare da 50mila a 150mila euro.
L’Ilva di Taranto entrerà in amministrazione straordinaria secondo le norme della legge Prodi-Marzano per la ristrutturazione industriale delle grandi imprese che vengono modificate per essere applicabili anche all’Ilva. Matteo Renzi tenta così di risolvere una delle crisi aziendali più complicate d’Italia, un nodo gordiano nel quale la tutela dell’ambiente e della salute si intrecciano. Da una parte i bambini malati di tumore e dall’altra i figli dei tanti operai che lavorano all’Ilva, operai che con l’Ilva vivono ma che troppo spesso a causa dell’Ilva muoiono. Il decreto stabilisce il passaggio dalla gestione del commissario governativo Piero Gnudi a quella della nuova gestione, che affronterà i nodi, a partire dai finanziamenti per garantire già a gennaio gli stipendi dei 14.467 dipendenti del gruppo Ilva. Per farlo arriva un finanziamento di Cassa Depositi Prestiti garantita dal Tesoro e una newco partecipata da Fintecna (controllata da Cdp). Dopo vent’anni torna così la mano pubblica a sanare i guasti lasciati in eredità dai Riva che in quei 20 anni, come ha ricordato recentemente il commissario Piero Gnudi, di utili ne hanno fatti.