ROMA – Doppio turno di coalizione. Sarebbe questa la novità del testo di legge elettorale che Matteo Renzi proporrà alla direzione del Pd. Se nessuna coalizione ottiene il 35% le prime due vanno al ballottaggio per il premio. Se nessuno ottiene il 35%, dunque, le due coalizioni che hanno più voti vanno al ballottaggio 15 giorni dopo le elezioni per contendersi il premio del 15%. Un modo per evitare il ritorno delle larghe intese. Resterebbero – sempre secondo quanto viene anticipato – le mini liste bloccate di sei candidati per circoscrizione e gli sbarramenti: al 5% per i partiti in coalizione e quello dell’8% per le forze che si presentano da sole.
Oggi alle 16 Renzi aprirà i lavori della Direzione del Pd illustrando il contenuti della nuova legge elettorale dopo l’accordo scaturito dall’incontro di sabato con Silvio Berlusconi. Il segretario del Pd chiederà il voto per procedere nella deposizione del testo presso la commissione Affari costituzionali della Camera in modo che possa essere discusso nell’Aula di Montecitorio il prossimo 27 gennaio, quando e’ gia’ prevista una seduta dedicata a questo tema.
In attesa della Direzione, ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello è stato tra i primi a far scattare il semaforo verde: «La previsione del doppio turno di coalizione assicurerebbe veramente governabilità e democraticità, farebbe sì che il premio di maggioranza non sia abnorme e incongruente con la sentenza della Consulta, e impedirebbe che dopo i tanti proclami di questi giorni si riduca tutto a una mera riedizione del Porcellum sotto mentite spoglie». «Se la legge elettorale proposta da Renzi e Berlusconi prevede un premio del 20% per chi arriva al 35%, è incostituzionale quanto il Porcellum» scrive invece in un tweet Andrea Mazziotti, deputato di Scelta Civica e membro della commissione affari costituzionali. Secco no anche da Antonio di Pietro. «Fare le riforme è una cosa seria. Non possono essere portate a termine con un accordo preso fuori dal Parlamento ma ben a favore di telecamere, come se si stesse vendendo un prodotto pubblicitario, e non si può certo dimenticare che uno dei due interlocutori è un condannato». Lo scrive il Presidente dell’Italia dei Valori in un post sul suo blog.
Per tutta la giornata di ieri si sono susseguiti i commenti sull’incontro Renzi-Berlusconi svoltosi sabato nella sede del Pd. E’ Stefano Fassina, ex viceministro del governo Letta, a esprimere il malessere che serpeggia nel partito del sindaco di Firenze. Lo fa nel corso della trasmissione «L’intervista» su SkyTg24: «L’accordo non è stato fatto dal Pd, che si dovrà esprimere, ma dal segretario Renzi. Mi sono un po’ vergognato come dirigente del Pd nel vedere l’incontro di Renzi con Berlusconi. E’ stato un errore politico. Andava certo coinvolta Forza Italia, ci sono i capigruppo e non dovevamo certo rilegittimare il Cavaliere per la terza volta, dopo che c’e’ stata una sentenza di condanna». Fassina smentisce ipotesi scissioniste («Resto e credo nel partito come sempre») e avanza l’idea di un referendum tra gli iscritti che potrebbe diventare la proposta della minoranza piddina nella Direzione di oggi: «Come prevede lo statuto, sarebbe possibile consultare gli iscritti anche per via telematica, rapidamente, per sapere cosa pensino della legge elettorale».
Gianni Cuperlo, presidente del Pd, pure lui molto critico su metodo e contenuti che hanno portato all’accordo con Berlusconi, sposta l’attenzione sull’esecutivo: «Il segretario deve dire se appoggia l’eventualita’ di un nuovo governo presieduto da Enrico Letta che abbia un programma rinnovato». Ambienti di palazzo Chigi fanno sapere che il premier conserva le sue perplessita’ sul metodo usato da Renzi (avrebbe preferito che l’accordo scaturisse tra le forze di maggioranza) ma da’ un giudizio positivo, pur auspicando che si continui a trattare con i piccoli partiti, sull’intesa raggiunta che permette, salvo ripensamenti, al governo di procedere nella sua azione fino al 2015. Ora per il presidente del Consiglio il problema e’ sciogliere l’interrogativo se serva un rimpasto o un Letta-bis. Scelta civica e Popolari per l’Italia continuano a chiedere un vertice di maggioranza. Il M5S attacca l’accordo Renzi-Berlusconi ricordando che «e’ il Parlamento il luogo dove si fanno le leggi».
Soddisfatto in parte il vicepremier Angelino Alfano che intervistato dalla trasmissione «In mezz’ora» su Raitre dichiara: «Noi proponiamo indicazione del premier, possibilita’ di formare coalizioni, sbarramento al 4 o 5% e un Parlamento di non nominati: quindi no a liste bloccate e si’ alla possibilita’ dei cittadini». Stamane a Radio24 ha aggiunto che secondo lui per una ripartenza dell’esecutivo, «secondo me ci vuole anche più di un rimpasto: ci vuole un nuovo governo a guida Letta che abbia un “reshuffling” dei ministri».
Renzi si difende su twitter scrivendo a proposito della riforma elettorale: «Aspettate a vederla prima di giudicare, dopo vent’anni di chiacchiere, in un mese abbiamo il primo obiettivo a portata di mano». Berlusconi, in collegamento telefonico con una iniziativa di Forza Italia in Val di Susa, spiega la sua posizione: «A questo Paese serve il bipolarismo. I partiti piu’ piccoli non ragionano per il bene del Paese, ma per quello dei loro protagonisti». Commenta Nichi Vendola, leader di Sel: «Non credo che Renzi e Berlusconi abbiano sottoscritto patti d’acciaio. Se cosi’ fosse, sarebbe un patto con il diavolo e a Renzi consiglierei di proteggersi il collo da un Berlusconi che ogni volta che ha abbracciato il suo avversario, lo ha poi morso sul collo». Conclude Vendola, che attende il segretario del Pd al Congresso di Sel che si terra’ il prossimo fine settimana a Riccione: «Una cosa e’ chiara: se bisogna impedire una sorta di diritto di veto da parte delle minoranze, bisogna anche impedire che venga esercitato un veto sul diritto di esistenza delle minoranze».