ROMA – L’emergenza energia è diventata la priorità. Un vero e proprio mantra per il nuovo governo e soprattutto per il prossimo inquilino di via XX Settembre, che da lì dovrà partire per costruire la manovra per il 2023. Ma già con questo e gli interventi necessari su pensioni e fisco, il conto della legge di bilancio parte già salato e mette a rischio la possibilità di trovare spazio per i tanti desiderata della politica. Anche se qualche aiuto potrebbe arrivare dall’accordo trovato in Ue sul gas che, assicura il premier uscente Mario Draghi, «si tradurrà presto in bollette più basse».
Cruciale sarà comunque il reperimento delle risorse, a partire dal grande nodo dello scostamento di bilancio. Il governo uscente ha evitato fino all’ultimo di ricorrervi. E anche oggi il quasi ex ministro dell’economia Daniele Franco avverte: «servono molta cautela e un approccio pragmatico». Perché la lezione che arriva dal Regno Unito insegna prudenza anche sulle aspettative che si creano: se si modificano gli obiettivi di disavanzo «per accrescere gli investimenti e la ricerca – spiega al Corriere della Sera – è più probabile che la reazione dei mercati non sia negativa».
Sul punto il centrodestra appare diviso, tra Salvini che insiste da mesi e Meloni che continua a definirlo l’extrema ratio. Il neo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non è contrario, ma resta cauto e lo considera non la strada ma una eventuale opzione da considerare. Di certo una sfida complessa attende il nuovo titolare di via XX settembre. Da gestire in tempi molto stretti. Il primo step è la proroga fino a fine anno degli aiuti a famiglie e imprese in scadenza a novembre, che probabilmente si tradurrà in un emendamento al decreto aiuti ter (che inizia il 26 l’esame alla commissione speciale), ma il vero banco di prova sarà la manovra. Prima ci sono da integrare la Nadef e il Dpb con il quadro programmatico, che fornirà un prima istantanea sulle risorse e le indicazioni di politica economica per la legge di bilancio. La manovra partirà necessariamente dai nuovi sostegni sul fronte caro-energia per mettere in sicurezza il primo trimestre dell’anno: una voce che rischia di assorbire più dei 20 miliardi necessari per replicare quanto fatto dal governo uscente.
C’è poi il nodo delle pensioni: oltre alla rivalutazione degli assegni, per una spesa di 8-10 miliardi, c’è anche la necessità di intervenire per evitare che nel 2023 scatti il ritorno alla legge Fornero e su questo ci sono allo studio diverse strade, in primis una Quota 41 con soglia d’età che consentirebbe di contenere anche di molto la spesa. Probabile anche che si garantisca una continuità al taglio di 2 punti del cuneo fiscale (che costa 4,5 miliardi), mentre appare in salita la strada per la Flat tax, con la Lega che spinge per una estensione fino a 100.000 euro di fatturato e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi che invita alla cautela sulle promesse elettorali (“Flat tax? Dipende quale”).
Nella voce uscite va inserito anche il rinnovo dei contratti della P.a., mentre nel capitolo entrate potrebbero esserci i 3-4 miliardi di fondi di coesione che l’Ue ha concesso di utilizzare per il caro energia e la possibile minor spesa dalle modifiche al Reddito di cittadinanza o dalla rimodulazione del Superbonus. Qualche risorsa potrebbe arrivare anche da una ipotetica nuova rottamazione delle cartelle.