ROMA – Il premier Enrico Letta, dopo aver respinto le dimissioni dei ministri del Pdl, è atteso al Senato per il voto di fiducia “senza trattative”. Nel Pdl si consuma lo strappo dell’ala moderata, guidata da Alfano, con Berlusconi infuriato contro gli “inaffidabili” Letta e Napolitano che hanno permesso il suo “omicidio politico”. Da qui la decisione di Berlusconi di votare la sfiducia al governo Letta.
Non sarà azzoppato il governo che si presenterà mercoledì alle Camera. Il premier Enrico Letta respinge le dimissioni dei 5 ministri Pdl dopo che per tutta la giornata, in un vertice quasi no stop a Palazzo Grazioli, il segretario Pdl Angelino Alfano e le colombe del partito, compreso Gianni Letta, hanno provato a convincere Berlusconi a far votare la fiducia al governo da tutto il partito “senza gruppi – spera il vicepremier – né gruppetti”.
Tentando di evitare una rottura anticamera di una scissione del Pdl e della non ancora nata Fi. Ma è Carlo Giovanardi ad annunciare che “i numeri per la fiducia ci sono, siamo anche più di 40, fermi nel voler mantenere l’equilibrio di governo”. Al Senato, voci insistenti assicurano poi che sarebbe pronto un gruppo, denominato “Nuova Italia”, di una trentina di senatori, al quale da giorni stanno lavorando i centristi di Pier Ferdinando Casini.
Un’operazione politica che Berlusconi ha cercato di scongiurare a tutti i costi. Il capogruppo Renato Brunetta si è battuto, senza successo, per evitare che fosse messo il voto di fiducia. Ma Letta ormai tira dritto, convinto, come il Pd, della necessità di “un’operazione verità” non solo per la vita del governo, che ne uscirebbe rafforzato. Ma anche per l’evoluzione di un centrodestra moderato e europeo. Il presidente del Consiglio ha tessuto le fila, dopo aver incontrato Napolitano, di questo castello delicatissimo. Ha incontrato più volte Alfano, a sua volta in riunione con i ministri Pdl, e si è anche coperto le spalle a sinistra. Pranzando con Matteo Renzi e ottenendo una sponda per un governo di respiro con colui che è il candidato favorito per la leadership del Pd.
Ma su un punto il presidente del consiglio non ha voluto avere alcuna mediazione: la fiducia di Silvio Berlusconi in cambio di un approfondimento sulla non retroattività della legge Severino. “Metteremo la fiducia – ha tagliato ogni strada Franceschini – così che ogni scelta avvenga in Parlamento, alla luce del sole, senza alcuna trattativa soprattutto sul principio di netta e totale separazione” tra vita del governo e le vicende giudiziarie del leader del Pdl.