ROMA – Enrico Letta lavora al pacchetto dei primi 100 giorni. Il primo passo è instaurare un metodo di lavoro con i capigruppo di maggioranza per evitare tensioni in Parlamento sui decreti e disegni di legge che via via il governo presenterà. Anche per questo nella riunione di palazzo Chigi (quasi tre ore, a partire dalle nove di mattina) Letta ha espressamente chiesto ai presidenti dei gruppi parlamentari di svolgere un ruolo di sentinelle, di segnalare per tempo le eventuali criticità nell’azione dell’esecutivo che potrebbero determinare ripercussioni nella compattezza dei gruppi.
Perchè la convinzione del premier, ribadita anche dal ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini, è che si debba «fare presto e bene», riducendo al minimo il rischio di incidenti di percorso in una maggioranza che – ricorda sempre Franceschini – è composta da “forze politiche che sono state e saranno avversarie”. La riunione di oggi è servita dunque per iniziare ad instaurare anche nei rapporti tra governo e gruppi quel clima che i ministri proveranno a determinare nel “ritiro spirituale” in programma tra lunedì e domenica all’abbazia di Spineto. E dunque nelle quasi tre ore di incontro, spiega la vicepresidente dei deputati Pd Paola De Micheli, “ci siamo concentrati tutti, a partire da Letta, sulle cose concrete da fare, evitando i temi di polemica”. A partire da quello della giustizia e della manifestazione che il Pdl ha in programma sabato a Brescia contro la sentenza della Corte d’Appello che ha confermato la condanna a 4 anni per Silvio Berlusconi.
Cose concrete, dunque, ovvero le tre priorità dell’azione di governo: riordino complessivo del sistema fiscale che grava sulle case, strategia nazionale complementare a quella europea per aggredire il nodo della disoccupazione giovanile, riforme istituzionali. Senza entrare nei dettagli tecnici dei provvedimenti, nè in quelli delle coperture, sulle quali però il ministro Fabrizio Saccomanni ha ribadito che devono essere una preoccupazione di tutti, ministri e gruppi. Insomma, non ci sta il ministro dell’Economia a giocare da solo il ruolo di guardiano severo della stabilità dei conti: solo se l’approccio di tutti gli altri soggetti sarà quello corretto sarà possibile mantenere gli equilibri tra entrate e uscite. Un approccio che applicato nei ministeri, ha spiegato ancora Saccomanni secondo quanto riferito da alcuni partecipanti alla riunione, consentirà di passare dalla logica dei semplici tagli a quella dell’efficientamento della spesa.
Il primo punto è dunque la casa: a metà della prossima settimana – probabilmente mercoledì – arriverà il decreto che sospende la rata di giugno dell’Imu. Poi si dovrà lavorare al riordino generale della materia: non solo l’Imu, ma anche le altre tariffe e imposte che gravano sulle abitazioni, il sistema di incentivi legati al settore (detrazioni per ristrutturazioni e per il risparmio energetico), e le politiche attive per l’emergenza abitativa. Il secondo punto, spiega il capogruppo di Scelta Civica alla Camera Lorenzo Dellai, riguarda invece il lavoro: «Il perno resta l’Europa, ma serve anche una strategia nazionale che affianchi i passaggi europei». Per questo mercoledì prossimo il ministro Enrico Giovannini incontrerà i capigruppo di maggioranza «per costruire un pacchetto di misure organico con le varie proposte dei partiti di maggioranza». Terzo punto, le riforme istituzionali. Anche in questo caso, entro l’estate il governo «dovrà chiarire il percorso è «incardinarlo» presentando una proposta «di lavoro» entro il quale il Parlamento possa esercitare la propria sovranità. Come spiegato dal ministro Gaetano Quagliariello, «a Spineto parleremo anche di questo», e cioè dell’opportunità o meno di istituire una Convenzione o se affidarsi alle commissioni permanenti. Di sicuro, ha chiarito Dellai, sull’argomento «il governo non presenterà un proprio ddl ma si limiterà a fare da stimolo». Così come, ovviamente, il tema dei regolamenti parlamentari – sulla cui importanza si è insistito nella riunione – sarà lasciato all’iniziativa dei gruppi.
Ma tra gli altri punti in cima alla lista delle priorità del governo c’è anche la riduzione dei costi della politica, con l’eliminazione degli stipendi ai membri di governo parlamentari. Una questione già da tempo al centro del dibattito e che finora è stato uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5Stelle. E proprio stamattina il leader Beppe Grillo è tornato a citarla, dicendosi pronto a mandar via gli eletti che non intendono restituire la diaria, e ad attaccare un governo «che non c’è», con Letta che «per vent’anni ha fatto il nipote di suo zio».
La risposta del premier non è tardata: «È da 46 anni che faccio il nipote… – ha commentato – Grillo la butta sull’insulto personale perché non ha molti argomenti: lui insulta, io voglio occuparmi di problemi del Paese e mentre il governo taglia lo stipendio dei ministri con un decreto lui fatica a imporre tagli alla diaria». A stretto giro arriva la contro-replica di Grillo: «Letta è un mantenuto dalla politica dal 1996 e ci fa lezioni di morale. Non accettiamo lezioni da una persona che si tiene stretta i 46 milioni di euro di rimborsi elettorali del pdmenoelle, mentre il MoVimento ha rinunciato a 42, e i cui parlamentari prendono lo stipendio pieno, mentre quelli del M5S se lo sono già dimezzato”.