LA SPEZIA – Secondo le regole delle primarie Pd gli stranieri possono votare, purché regolarmente residenti in Liguria, e con permesso di soggiorno e carta d’identità: ma che pensare se gli stranieri al voto in alcuni seggi della Liguria, ieri, arrivavano a gruppi di dieci persone? «Società civile» o truppe cammellate? In Liguria bisognerà stabilirlo. La cosa si potrebbe trasformare nella più clamorosa rissa politica mai vista nella storia della primarie del Pd, anche perché alle dieci e mezzo di sera i due reali sfidanti – Raffaella Paita, la candidata sponsorizzata da Burlando, neorenziana, e Sergio Cofferati – erano molto vicini, con lei che si dichiara vincitrice, per pochi voti, tremila, su 50mila votanti: «Sarà un lavoro enorme – sono le prime parole di Paita a tarda sera – saranno anni rock, lavorerò per l’unità del Pd».
L’unità però pare lontana (forse più del rock). Cofferati ci anticipa: «Ho chiesto un pronunciamento alla Commissione nazionale di garanzia. Fino a che non ci sarà, non accetterò nessun esito. Sono successe cose gravissime. Non solo i cinesi ai seggi a La Spezia, tra l’altro in un seggio dove la signora Paita si è intrattenuta due ore in coda per dire chi votare… Che idiozia, oltretutto».
Insomma, un malcontento e polemiche che il Pd dovrà a questo punto gestire a Roma, cioè un’altra enorme grana per Renzi, la sensazione di un voto alterato. Al seggio di Bolzaneto c’erano dei rom in coda per votare, e hanno votato. Piu tardi è venuto fuori che a La Spezia ci sono stati gruppi non piccoli di cinesi in almeno due seggi. Ci sono posti troppo «bulgari», sospetti: ad Albenga su 1500 voti Paita ne ha presi 1300, e Cofferati appena 200. A Pietra Ligure 750 voti lei e solo 50 lui.
La denuncia di Cofferati era arrivata per tempo: «Mi hanno segnalato numerosissimi casi di violazione delle regole», comunicava in tarda mattinata, dopo aver votato nel seggio di Palazzo Ducale, camicia aperta, senza cravatta, in una tiepida giornata genovese. «L’inquinamento è molto pesante, per i voti della destra, o con il voto organizzato di intere etnie, oltre ai cinesi alla Spezia, i marocchini a Imperia», raccontava l’uomo che in un’altra vita fu la speranza della sinistra italiana, e al quale si sono aggrappati a Genova – anche obtorto collo – un po’ tutti quelli stufi del sistema-Burlando. Storie così non sono inedite nel Pd: successe coi cinesi a Napoli nelle primarie vinte da Cozzolino e poi annullate (non perché votarono i cinesi, ma per le tantissime schede contestate); successe a Roma nel 2013, la dirigente Pd Cristiana Alicata denunciò: «Ho visto gruppi di rom accampati in fila ai seggi», in zona Magliana-Portuense, vicino al campo nomadi di via Candoni (dove, si scoprirà poi, Buzzi era impegnatissimo, a modo suo, nel «sociale»).
Paita sui cinesi risponde così: «Non so se sia vero, ma non ci vedo niente di male. Io sono per l’integrazione, trovo normale che anche comunità di stranieri partecipino alle nostre votazioni. Mi stupisco che un uomo che si dice di sinistra come Cofferati non la pensi così». A un certo punto ieri alle sei la candidata è stata fatta uscire dal seggio Allende, a La Spezia, perché è vietato per i candidati intrattenersi dentro il seggio. Proprio lì, dopo, è arrivata una cinese che non sapeva come votare, e subito l’hanno instradata alcuni suoi connazionali.
E dire che il Pd aveva scongiurato una temutissima astensione, l’effetto-Emilia non c’è stato. Poco meno di 50mila votanti: numeri alti, a febbraio scorso per il segretario regionale c’erano stati 20mila elettori, alle primarie di Genova nel 2012 – quelle sentitissime da cui uscì vincitore Marco Doria, anche grazie all’harakiri Pinotti-Vincenzi – 26mila. Eppure colpivano anche i votanti a Genova (15300) rispetto ai 12300 di La Spezia, la città di Paita, che ha un quinto degli abitanti del capoluogo. Finirà a commissioni di garanzia; anche il ministro di Giustizia Orlando – spezzino, endorsement per Cofferati – ha chiesto informazioni sulle tante cose strane avvenute.