ROMA – Che esista un problema tra la base del Movimento cinque stelle da una parte, e direttorio e Casaleggio dall’altra, è ormai sempre più evidente. Il Movimento romano è all’implosione: in queste ore è partita una procedura di espulsioni a raffica indirizzate a militanti storici del meet up della capitale, gente che ha messo su il Movimento e adesso si trova sbattuta fuori con una lettera dell’avvocato di Grillo, impossibilitata a candidarsi e a fare uso del simbolo.
Si tratta di una procedura assai simile a una purga, se non fosse che i metodi sono più farseschi che tragici. L’ultimo caso è quello di Roberto Motta, uno dei militanti più in vista di Roma, storico avversario di Roberta Lombardi, uno di quelli che osò criticare lei e il direttorio. «Ci risulta che lei abbia disconosciuto in modo pubblico il sistema di votazione e delle candidature su cui si basa il Movimento cinque stelle. Per questo motivo viene sospeso con effetto immediato dal Movimento».
Nella mail che gli è stata inviata dallo staff di Casaleggio non si cita altro: queste sospensioni-espulsioni stanno avvenendo sulla pura base di un «ci è stato detto che», «ci risulta che»; la paranoia dilaga, e anche la caccia a chi fornisce notizie all’esterno. Luigi Di Maio, che l’altro giorno parlava di «varie sensibilità» sulle unioni civili, e quindi di «libertà di coscienza», ora ricorda la posizione storica del Movimento, e cioè che «serve il vincolo di mandato» per evitare i «traditori». «I traditori li lasciamo al Pd», dice la faraona romana Lombardi, forte del legame diretto con Grillo. La caccia al traditore è in pieno svolgimento, dove per traditore si intende semplicemente chi non è totalmente sdraiato sulle posizioni del direttorio.
Paradossalmente, però, militanti e eletti romani continuano a usare chat e mail – sia pure ristrette a cinque o sei dirigenti – e i malumori possono filtrare all’esterno. A Roma si è tenuta giorni fa un’assemblea per decidere quali contromisure prendere con i giornalisti che danno fastidio; la Lombardi chiede di votare iniziative ad hoc contro di loro, per stanare ogni eventuale focolaio di dissidenza; ma anche chi in privato è più critico, evita di esporsi nell’assemblea perché in questo momento il risultato sarebbe uno solo: la cacciata immediata.
Oggi ci sarà in parlamento un’assemblea dei gruppi parlamentari congiunti. Vedremo. Questo è il brutto clima dentro il quale nasce la necessità di far firmare un contratto come quello che è stato rivelato da La Stampa ieri. Oggi possiamo aggiungere con certezza che nessuno, tra i candidati romani, ha avuto la forza politica, o la voglia, di rifiutarsi di firmarlo. Se mai a Roma ci fosse un sindaco del M5S, sarebbe uno che ha accettato quel testo, peraltro del tutto impugnabile giuridicamente. «In questo modo che tipo di persone selezioniamo?», si domanda un parlamentare tra i più lucidi. Ma non è corretto, come sostengono i capi del direttorio, che il documento sia stato firmato ovunque. E qui veniamo a una seconda notizia.
I candidati sindaco e consigliere del Piemonte, regione chiave e davvero fondativa del M5S, non l’hanno firmato. La firma di Chiara Appendino su un testo del genere non c’è per il semplice motivo che né Casaleggio, né quelli del direttorio, hanno osato proporre un contratto del genere ai piemontesi. Un fatto che conferma il quadro di un Movimento ormai sempre più diverso – anche assai spaccato – nelle differenti aree territoriali. Roma e Napoli o la Sicilia sono una cosa, Piemonte e Liguria un’altra, il Veneto un’altra ancora. A Bologna e Napoli il documento non è ancora arrivato, ma almeno nel primo caso, non è detto neanche ce ne sia bisogno: la militarizzazione è avvenuta prima; a Milano, qualcuno di molto vicino alla Casaleggio ci ha persino scherzato su, sul contratto, «alla Bedori (la candidata a Milano) dovremmo far firmare un documento al contrario, le diamo noi 150mila euro se si ritira» («con lei prendiamo il 5 per cento», dicono a Milano).
Mentre a Roma s’era imbarcata tanta gente, oltre ai sospettati di dissidenza, anche personaggi in cerca di varia fortuna (notevole che tra i candidati romani ci siano tanti poliziotti, riflettere). Anticorpi sabaudi fanno invece del Piemonte quello che oggi c’è di più vicino allo spirito originario che il Movimento sbandierava.