ROMA – Sei arresti da parte della Guardia di Finanza per appalti truccati: tra le gare nel mirino anche quella relativa al restauro dell’aula Giulio Cesare del Campidoglio, dove si riunisce il Consiglio comunale di Roma. La gara sarebbe stata affidata a Fabrizio Amore, imprenditore coinvolto in Mafia Capitale. In manette sono finiti anche un alto dirigente in servizio alla Sovrintendenza dei beni culturali di Roma Capitale e un imprenditore, che, fa sapere la Gdf, è «risultato coinvolto anche nell’inchiesta mafia capitale».
Nel primo pomeriggio davanti al Campidoglio ci sono state anche delle proteste al grido di “Fuori la mafia”, “Dimettetevi”, “Ve ne dovete andare”. Tra i manifestanti lavoratori della Roma Multiservizi e militanti del M5S che chiedevano a gran voce di poter entrare per assistere alla seduta del consiglio comunale cheavrebbe dovuto votare la surroga dei consiglieri decaduti dopo la seconda ondata di arresti legati all’inchiesta di Mafia Capitale. In piazza anche alcuni esponenti di Ncd che mostrano i cartelli con su scritto “7 peccati capitali. Ecco perché Marino deve mollare la poltrona. Elezioni subito”. La seduta in Campidoglio è stata subito chiusa mentre i militanti grillini entravano in Aula scandendo il coro “Onestà, onestà, onesta”.
Dagli accertamenti eseguiti nell’ambito dell’operazione denominata «Domus publica», spiegano gli investigatori, «è emerso come l’imprenditore arrestato fosse più che sicuro dell’aggiudicazione della gara, avendo stipulato contratti ed effettuato pagamenti in acconto ai subappaltatori alcuni giorni prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte. In sostanza, il “pactum sceleris” ha fatto sì che fossero invitate alla procedura di gara esclusivamente società riconducibili allo stesso soggetto economico».
La rete di conoscenze che l’imprenditore vanta all’interno degli uffici di Roma Capitale è risultata alquanto estesa e ramificata poiché lo stesso, tramite sue società, controllate da società lussemburghesi, ha concesso in locazione al comune due strutture residenziali in zona Ardeatina per la gestione delle emergenze abitative della capitale. Il comune di Roma ha pagato per diversi anni canoni di locazione particolarmente elevati, pari a circa 2.250 euro al mese, per ogni mini appartamento. Nel corso delle indagini coordinate dalla procura di Roma si è anche accertato che alcune unità immobiliari, anziché essere destinate alle emergenze abitative, così come previsto nel contratto di locazione, sono state utilizzate dall’imprenditore per fini propri.