ROMA – “Una giunta che lavora, una giunta che guarda avanti”. Sono le parole sibilline scelte da Ignazio Marino a margine dell’inaugurazione del collegamento viario Fidene Villa Spada. Poi aggiunge: «Questa città ha patito corruzione e criminalità, noi abbiamo mostrato discontinuità, questo ponte è stato realizzato in pochi mesi come lavori in Via Marsala. Domani e dopodomani inaugureremo altri cantieri, Roma deve andare avanti».
In mattinata Marino si era fermato invece a lavorare a Palazzo Senatorio, come ogni giorno da quando ha firmato la sua lettera di dimissioni che diventeranno effettive il 2 novembre, salvo ripensamenti. Domenica pomeriggio, affacciato sulla piazza del Campidoglio riempita dalla folla dei suoi sostenitori, aveva infatti lasciato intendere di voler tornare indietro sulla sua decisione. Un’ipotesi che apre la strada a diversi scenari.
Se Marino dovesse rivedere la sua scelta, si potrebbe arrivare a una mozione di sfiducia – che il Partito democratico dovrebbe però firmare assieme alle opposizioni – o alle dimissoni in blocco di 25 consiglieri (19 del Pd, altri 6 potrebbero emergere tra le altre forze politiche, dal M5s a Fratelli d’Italia).
Su questo il vicesindaco Marco Causi aveva espresso già ieri un’impressione: «A me pare che la posizione di Marino sia quella di un arroccamento privo di sbocco politico».