PESCARA – Chissà che con il nuovo piano regolatore portuale anche le navi da crociera (di piccola teglia però) non possano attraccare a Pescara. Ma occorre fare un passo per volta. Intanto i pescatori hanno voluto un incontro con il direttore marittimo, Enrico Moretti, e l’assessore regionale, Dino Pepe e li conducono direttamente sulle banchine del porto. Prima il vertice in Capitaneria, questa mattina, per fare il punto sul piano regolatore portuale recentemente discusso in Consiglio Regionale e sulla situazione del porto canale di Pescara, poi il sopralluogo.
Il portavoce degli armatori pescaresi, Mimmo Grosso, parla di problemi che persistono per quanto riguarda i bassi fondali del fiume, insabbiati senza un adeguato dragaggio, con pericoli tangibili per i pescherecci nel momento di uscire o di rientrare in porto, con le barche che non di rado si incagliano mettendo a repentaglio l’incolumità degli stessi pescatori.
Non solo, si vuole puntare l’attenzione anche sullo stato di degrado delle banchine in abbandono. Insomma, i pescatori si augurano che il sopralluogo di stamani, con assessore e direttore marittimo possa dare i suoi risultati. Intanto si apprende che i lavori per il Piano Regolatore Portuale potrebbero iniziare a primavera e concludersi entro il 2017.
Compagnie di piccole navi da crociera sarebbero interessate al porto di Pescara, ha anticipato il comandante Moretti, e con i fondali giusti i traghetti potranno tornare a incentivare turismo e interesse verso il capoluogo adriatico che è a meno di due ore da Roma.
L’assessore Pepe ha annunciato fondi per la riqualificazione del porto e delle banchine in particolare di Pescara e 18 milioni di finanziamenti dall’Europa per il settore della pesca in Abruzzo. Mimmo Grosso si augura che con l’attuazione del piano regolatore portuale ci sia anche lo svuotamento della vasca di colmata e la caratterizzazione dei fanghi che potranno servire al ripascimento. Grosso spera che con questi lavori si possa trovare una soluzione definitiva per i fondali del porto ed evitare un dragaggio tampone, come quello di tre anni fa, che ha dato i suoi frutti per soli sei mesi con una spesa di 13 milioni di euro.