ROMA – Il Consiglio di Stato ha bocciato il decreto del Tesoro per l’applicazione dell’Imu sugli enti non commerciali, e quindi anche sulla Chiesa. Il decreto, secondo Palazzo Spada, in molte parti “esula” dalle competenze che erano state affidate dalla legge. Il ministero dell’Economia, con il decreto sull’Imu per la Chiesa, è praticamente andato oltre i poteri regolamentari che gli erano conferiti espressamente dalla legge. Questa in sintesi la critica del Consiglio di Stato nel parere ufficiale reso noto oggi dopo qualche anticipazione di stampa dei giorni scorsi. Ora il Tesoro dovrà rispondere entro fine anno dal momento che la legge prevede il via alla applicazione dell’imposta dal 1/o gennaio 2013.
«Trattandosi di un decreto ministeriale -si legge nel parere – il potere regolamentare deve essere espressamente conferito dalla legge e, di conseguenza, il contenuto del regolamento deve essere limitato a quanto demandato». Deve invece «essere rilevato – fa notare il Consiglio di Stato – che parte dello schema in esame è diretta a definire i requisiti, generali e di settore, per qualificare le diverse attività come svolte con modalità non commerciali. Tale aspetto esula – si sottolinea nel parere – dalla definizione degli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale in caso di utilizzazione dell’immobile mista `c.d. indistinta´ e mira a delimitare, o comunque a dare una interpretazione, in ordine al carattere non commerciale di determinate attività». E ancora: «L’amministrazione ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall’oggetto del potere regolamentare attribuito, ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazione normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività».
L’obiettivo del governo resta quello di «assoggettare tutti i soggetti» all’Imu, commenta il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Intanto i servizi del commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia ricordano che la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia «resta aperta». Bruxelles, per poter procedere, ha bisogno delle misure applicative definitive per poterle analizzare e decidere se chiudere la procedura avviata nei confronti dell’Italia. Le agevolazioni fiscali di cui gode la Chiesa in Italia possono infatti considerarsi come aiuti di stato illegali. Dopo avere definito lo scorso febbraio un «progresso sensibile» l’emendamento proposto dal governo Monti, i servizi antitrust Ue sono rimasti in attesa del testo legislativo finale, arenatosi davanti al Consiglio di stato. Di fatto Bruxelles aspetta ora di vedere come il governo intenda risolvere la questione interna creatasi con la pronuncia di Palazzo Spada. Il contenzioso con l’Antitrust Ue risale al 2007, quando erano partite le prime richieste di informazioni a Roma. Almunia aveva deciso di riaprire il dossier dell’esenzione dell’allora Ici nei confronti della Chiesa nel 2010, dopo le denunce ripresentate dal deputato radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli, che si erano rivolti alla Corte di giustizia Ue per impedire l’archiviazione.