PESCARA – Per ora resta in carcere Emanuele Cipressi, il 24enne di Chieti che lo scorso 9 ottobre, nel tardo pomeriggio è stato sottoposto a fermo con l’accusa dell’omicidio di Fausto Di Marco, colpendolo al collo con un coccio di vetro davanti ad un circolo privato di Chieti Scalo.
Nell’interrogatorio di garanzia Cipressi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il GIP Luca De Ninis non ha convalidato il fermo, ritenendo che mancasse il presupposto del pericolo di fuga, ma su richiesta dal pm Giancarlo Ciani, titolare dell’inchiesta, ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Un tragico omicizio nato, sembra, da un futile motivo: secondo quando emerso dalle testimonianze raccolte e riportate nell’ordinanza, uno degli avventori del locale aveva offerto una patatina al cane della ragazza, suscitando la reazione di quest’ultima la quale, preoccupata per la salute dell’animale, aveva finito con il rimproverare anche il cane.
E ciò aveva indotto Di Marco ad intervenire ”forse frustrato per il respingimento delle proprie avances, di certo non sobrio a causa dell’assunzione di alcolici ed avente un’andatura barcollante, a rimproverare a sua volta la donna”. Tale rimprovero – come si legge nell’ordinanza ” ha suscitato una ulteriore reazione della donna che gli si è avventata spingendolo e dicendogli di smetterla”, dandogli, secondo una testimone, del ”finto animalista”, ”subito spalleggiata da Cipressi”. E’ a questo punto che Di Marco, ”vistosi affrontato si voltava, come per tornare indietro verso il circolo Tre Assi, ma improvvisamente tornava di nuovo verso la donna e le lanciava contro un bicchiere contenente birra, bicchiere che finiva sulle gambe e sui piedi di Cipressi”.
Un gesto, questo, che ha fato esplodere la reazione ”inconsulta” di Cipressi il quale, secondo l’accusa, ”dopo averlo affrontato faccia a faccia con atteggiamento di sfida, in rapida successione entrava nel locale, prelevava una bottiglia di birra vuota con la mano destra, usciva di nuovo all’esterno, la infrangeva su un tavolino e sferrava il fendente mortale”, scena vista da due testimoni ”portando il braccio destro dapprima verso l’alto e poi sul collo della vittima”.
Inoltre dall’ordinanza è emerso che Cipressi ha conservato nell’abitazione e permesso di sequestrare i pantaloni che indossava al momento del fatto, macchiati del sangue della vittima, senza neppure provare a lavarli. Quanto all’arma del delitto, circostanza che il giudice definisce ”rimarchevole”, è che fra i pochi frammenti di vetro sequestrati sul posto dalla Squadra Mobile, ”non si ravvisano o né la parte della bottiglia infranta utilizzata come arma, quella con il collo, né gran parte della parte rimanente”.