FIRENZE – Chiede soltanto di avere una vita normale Raffaele Sollecito. “Amanda? Il mio primo amore”. Queste le dichiarazioni spontanee durante la terza udienza del processo d’appello a carico suo e di Amanda Knox per l’omicidio di Meredith Kercher.
Oggi nell’aula 32 del tribunale di Firenze la terza udienza del secondo processo d’appello ai due ex fidanzatini: la sentenza è attesa per il 10 gennaio.
In apertura, l’avvocato Giulia Bongiorno ha anticipato la scelta del suo assistito di fare «dichiarazioni spontanee in aula».
Dichiarazioni precedute dalla testimonianza del maggiore Andrea Berti e del capitano Filippo Barni della sezione biologia dei Ris di Roma sull’incarico conferito dalla Corte d’assise d’appello, presieduta da Alessandro Nencini, sull’attribuzione della traccia “I” trovata sul coltello considerato dall’accusa l’arma del delitto. «Concordanza del 100 per cento»: così il maggiore Berti ha spiegato che la traccia di dna sul coltello è di Amanda Knox, come anticipato nei giorni scorsi.
«Grazie per la disponibilità. Sono Raffaele Sollecito, prima di me arriva il mio nome trattato dai media, con commenti e descrizioni. Sto cercando di farmi conoscere in breve tempo. Sono orgoglioso di essere cresciuto in una famiglia italiana per bene, con i massimi valori di onestà e educazione. Sono orgoglioso di avere una famiglia che non ha mai avuto problemi con la giustizia. Sono orgoglioso di esserne membro, perché sono sempre stato una persona onesta e ho sempre dato tutto me stesso per ringraziare chi ha speso fiducia e risorse per darmi un educazione e una vita dignitosa. ora davanti a voi, dopo una lunga storia di processi, sono stato decritto come un assassino spietato: io non sono niente di tutto questo. A Perugia studiavo, ero vicino alla laurea in informatica, nel frattempo ho conosciuto Amanda il mio primo vero amore. è sbocciato questo fiore. A 20 anni c’era tutto nella nostra mente tranne la visione distorta che c’è in chi ci accusa. Io e Amanda vivevamo gli albori di una storia molto spensierata, volevamo vivere la nostra favola: mi dispiace… Mi colpevolizzo nel non aver preso questa situazione sul serio dall’inizio: ma un ragazzo a vent’anni, con una vita normale e tranquilla, non mi piaceva neanche andare alle feste, non mi piace l’alcol, ma aver fumato qualche spinello non cambia quello che sono. Non porta una persona a cambiare il suo vero essere. In quel periodo tutto ci passava per la testa tranne essere spietati e incuranti della vita umana. Non è ragionevole accusarmi: io sono stato gettato in carcere, in isolamento per sei mesi e poi carcere di massima sicurezza e non lo auguro a nessuna persona al mondo. Tutta la mia vita di prima ora non c’è più. Sto battagliando ogni giorno per portare avanti la verità su questa vicenda. Sono stata arrestato per un’impronta di scarpa impressa nel sangue e attribuita a me: per otto mesi hanno portato avanti questa accusa e poi sbugiardata da un’altra perizia più precisa. Poi sono stato accusato per un coltellino a serramanico: anche quella un’immaginazione, sbugiardata. E’ un incubo che va oltre ogni immaginazione. Sbugiardati anche i testimoni portati da chi mi accusa: io non ho mai neanche conosciuto Rudy Guede e gli altri sono risultati mitomani. Così le prove, così i testimoni: elementi cambiati in questi anni. E dopo sei anni sento ancora queste cose ridicole: avete già visto Aviello… Ho grande rispetto per il vostro ruolo, ma come esseri umani si può anche sbagliare. Fa male leggere nella sentenza di Cassazione che ci sono molti buchi, buchi ridicoli, al limite dell’imbarazzo. Io conoscevo pochissimo Meredith: non ha alcun senso che io abbia avuto a fare un atto così atroce, non ha un benchéminimo fondamento reale e questa cosa va avanti da tropi anni. ultimamante mi è stata offerta la possibilità di andare in vacanza a Santo Domingo e anche lì mi sono dovuto difendere da commenti di ogni genere, come se la mia vita e i miei interessi devono essere sotto il giudizio di tutti. Qui in Italia sono costantemente sotto i riflettori, trovare lavoro è difficile. Io volevo solo avere una vita tranquilla: sono qui per farmi conoscere e raccontare la verità su questa vicenda. Non potete capire quanto fa male per me parlare di nuovo davanti a una Corte, dopo tutti questi anni, dopo essere stato portato in una camionetta, in una gabbia per stare in udienza. Per me impatto drammatico, non riesco a guardare il futuro. Vi chiedo umilmente di poter guardare la realtà e di considerare il grosso sbaglio che è stato fatto. Datemi la possibilità di avere una vita normale, perché ora io una vita reale non ce l’ho». Raffaele Sollecito era molto emozionato, ha chiuso le sue dichiarazioni spontanee quasi cadendo nel pianto.