MONTESILVANO – Il pm del Tribunale di Pescara, Anna Rita Mantini, ha chiesto il giudizio immediato per Vincenzo Gagliardi, l’uomo accusato del tentato omicidio di Carlo Pavone, l’ingegnere informatico di 43 anni che la sera del 30 ottobre scorso e’ stato raggiunto alla testa da un proiettile in viale de Gasperi, a Montesilvano, ed e’ rimasto ferito gravemente. Per questa vicenda Gagliardi e’ stato arrestato il 28 maggio scorso in esecuzione di una ordinanza del gip del Tribunale di Pescara, Maria Michela Di Fine.
La sera del 30 ottobre scorso Pavone stava gettando la spazzatura sotto casa quando e’ stato ferito e abbandonato li’, a terra. Lo ha trovato un passante che ha lanciato l’allarme e sollecitato l’arrivo dei soccorsi e in un primo momento si e’ pensato ad un malore mentre gli accertamenti successivi eseguiti in ospedale, a Pescara, hanno fatto emergere che l’uomo era stato colpito da un proiettile. Del caso si sono occupati i carabinieri di Pescara e Montesilvano, che hanno passato al setaccio la vita di Pavone, sposato e padre di due bambini. Gagliardi, che lavora al Centro meccanografico delle Poste italiane in via Volta, a Pescara, si e’ sempre professato innocente. In passato ha lavorato con la moglie di Pavone, con la quale aveva una relazione sentimentale di cui Pavone era a conoscenza.
Il 30 ottobre avrebbe atteso Pavone sotto casa e gli avrebbe sparato da una distanza ravvicinata, non inferiore a 60 centimetri e non superiore di 4-5 metri, dal basso verso l’alto. Tra gli elementi a carico di Gagliardi c’e’ un fucile Flobert calibro 9, analogo a quello usato per ferire l’ingegnere informatico in via de Gasperi (che era sicuramente un calibro 9), rinvenuto e sequestrato a casa del padre dell’arrestato. Inoltre c’e’ una busta con un giubbetto, un paio di scarpe e un guanto trovata la sera stessa del tentato omicidio a bordo della macchina di Gagliardi. La busta e’ stata sequestrata solo successivamente ed e’ stata consegnata agli investigatori dalla moglie di Gagliardi, la quale riteneva strano che il marito se ne volesse disfare.
Gli accertamenti, che hanno riguardato il traffico telefonico, i supporti informatici e gli indumenti dell’impiegato delle Poste, hanno consentito di rilevare che sugli abiti c’erano tracce altamente significative di polvere da sparo derivanti dalla deflagrazione di un colpo anche se lo stub effettuato su Gagliardi ha dato esito negativo, essendosi lavato subito i capelli (oltre ad essersi cambiato indumenti). Dal suo computer invece e’ emerso che tempo prima aveva effettuato delle ricerche on line sia sulla compravendita di armi senza porto di armi e poi, il 9 settembre, in maniera specifica aveva fatto un ricerca per sapere “a che distanza puo’ essere fatale un colpo sparato da un flobert”. Inoltre avrebbe esplorato il profilo Facebook di Pavone e consultato il manuale di ricarica delle cartucce a palla e il manuale del cacciatore.