TERAMO – Inizia da Teramo il cambiamento nel modo di concepire la Terapia intensiva in ospedale favorendo l’accesso ai familiari dei pazienti. Lo hanno annunciato oggi l’assessore regionale alla programmazione sanitaria Silvio Paolucci e il direttore generale della Asl di Teramo Roberto Fagnano illustrando il progetto regionale per l’umanizzazione del Servizio di Terapia Intensiva e spiegando che l’umanizzazione delle cure viene intesa come attenzione alla persona nella sua totalità, fatta di bisogni non solo organici, ma anche psicologici e relazionali.
“Oggi è un giorno speciale – ha sottolineato Paolucci – essendo forse la prima “inaugurazione” dove non si tagliano nastri, non si presentano straordinarie apparecchiature né stanze fresche di vernice, ma si vara un nuovo modello organizzativo, una nuova cultura aziendale. Si tratta di un cambiamento importante e difficile da attuare, che incide sul sistema di valori che dà forma alle azioni degli operatori sanitari, modificando totalmente l’organizzazione della Terapia Intensiva che si apre all’esterno, rendendo più umano il percorso di cura dei pazienti e dei loro familiari. Anche per i pazienti gravi, come quelli ricoverati nelle Rianimazioni, la quotidianità della pratica clinica non può essere disgiunta dalla necessaria consapevolezza dell’importanza degli aspetti relazionali e psicologici dell’assistenza. Le Terapie intensive, infatti, sono reparti a stretta sorveglianza sorti negli anni ’70 per i pazienti gravi con necessità di supporti complessi ed integrati con le tecnologie. Dalla loro origine questi reparti hanno limitato l’accesso alle visite perché considerato sfavorevole per il paziente, causa di interferenza con le cure intensive, fonte di infezione, motivo di stress per pazienti e familiari”.
“L’abolizione dei contatti con i propri cari – ha aggiunto l’assessore – è stata da sempre considerata necessaria per garantire l’esecuzione di manovre di assistenza ad alta complessità. La chiusura non è solo temporale ma si esprime anche sul piano fisico, con l’utilizzo di barriere protettive e relazionali e con una comunicazione spesso compressa e frammentata.Negli ultimi decenni, la ricerca medica internazionale ha evidenziato, invece, che non solo che la separazione dai propri cari è motivo di sofferenza aggiuntiva per il paziente e la sua famiglia, ma anche che il timore sul rischio di infezioni è infondato. Al contrario di quanto si era sempre creduto, la letteratura scientifica oggi evidenzia come la politica di apertura addirittura riduca le complicanze cardiovascolari, le modificazioni ormonali legate allo stress e gli stati di ansia sia del paziente che dei familiari.Inoltre, se per medici e infermieri lavorare sotto gli occhi dei familiari può inizialmente essere percepito come un’interferenza, questo nel tempo contribuisce a creare rassicurazione, migliorare l’informazione , fornire sostegno aumentare il comfort che, aggiunti al semplice ”stare accanto”, sono i 5 bisogni principali dei familiari”.
Paolucci ha poi rimarcato come in Italia, le terapie intensive “si stanno progressivamente aprendo, in linea con gli altri paesi dell’Europa occidentale e come suggerito dalle linee guida internazionali. La terapia intensiva aperta non è soltanto l’accesso facilitato ai familiari dei pazienti ma un processo di cambiamento culturale che nel nostro Ospedale è stato sorretto da un complesso ed impegnativo progetto con finanziamento approvato nella linea progettuale dell’umanizzazione delle cure. Tale progetto coinvolge tutto il personale ed ha previsto altresì tre nuove figure professionali: un biologo per il monitoraggio delle infezioni, uno psicologo per il supporto del personale e dei familiari, un fisioterapista per la mobilizzazione precoce. Sono in essere anche lavori strutturali per l’ottimizzazione degli spazi, il rinnovo di attrezzature ed arredi più consoni alle nuove esigenze lavorative oltre ad un complesso percorso formativo. Il progetto di apertura è dunque una risposta integrata di umanizzazione”.