L’AQUILA – Otto anni dal quel maledetto 6 aprile 2009. Il tempo passa ma il ricordo di quella tragica notte resta vivo negli occhi e nei cuori degli aquilani. Erano più di cinquemila alla fiaccolata. Il corteo è arrivato in piazza Duomo intorno poco prima della mezzanotte e mezzo, con la temperatura già molto bassa, e poco dopo è iniziata la lettura dei nomi delle 309 vittime, anticipata dalla frase “e loro non ci sono più”.
In prima fila gli striscioni “Per loro, per tutti” dei familiari dei defunti, “Neanche stasera tornerà a casa” dei genitori dei ragazzi morti alla Casa dello studente e “La ri-scossa dei terremotati” di coloro che hanno subito i sismi più recenti del Centro Italia. In piazza anche i Gonfaloni della Regione Abruzzo, della Provincia dell’Aquila e delle città dell’Aquila e di Rieti. Qualche partecipante ha ascoltato la lettura dei nomi in ginocchio sul selciato della piazza. Alla fine sono stati ricordati i morti del sisma del Centro Italia, della Terra dei fuochi, le vittime dell’amianto e quelle di San Giuliano di Puglia.
Subito dopo, i 309 rintocchi della campana della chiesa delle Anime Sante, tornata a suonare da pochi mesi nell’ambito dei lavori di ricostruzione cofinanziati dalla Francia e ormai quasi terminati. All’una la fiaccolata è terminata, molti hanno partecipato alla messa presso la vicina chiesa di San Giuseppe Artigiano, celebrata dall’arcivescovo metropolita monsignor Giuseppe Petrocchi.
“La morte non ha l’ultima parola, questo non toglie il dolore ma rende più sereni”, ha detto Petrocchi durante l’omelia. “Chi ha perso persone carte porta nel cuore ferite che restano aperte, non c’è cicatrizzazione, ma sono ferite sane che non devono infettarsi con il rancore e la rabbia – ha aggiunto – Se il dolore non si ripiega su stesso ma si apre al mistero della Pasqua e della resurrezione, porterà vita”. “Eravamo convinti che il terremoto non sarebbe più venuto e invece ha colpito popolazioni sorelle, persone che conoscevo avendo fatto il parroco in quei paesi cancellati. Ora li ringrazio come ha fatto Papa Francesco per la loro testimonianza”, ha concluso. Dopo la messa, la veglia finale fino alle 3.32 nella Cappella della memoria accanto alla chiesa delle Anime Sante.
All’Aquila hanno sfilato anche i “terremoti” dell’Italia centrale. Non solo il capoluogo abruzzese alla marcia silenziosa per ricordare la calamità del 6 aprile 2009, ma anche le comunità degli altri centri della Regione e dei territori colpiti dal sisma negli ultimi mesi. Per ricordare i tragici eventi di otto anni fa, le 309 vittime e i 1.600 feriti, sono arrivati a L’Aquila con i loro gonfaloni gli amministratori di Arquata del Tronto, Pizzoli, Rieti, Montorio al Vomano e tanti cittadini dei Comuni laziali e marchigiani. A rappresentare il Governo, il ministro per la Coesione territoriale e del Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, accompagnato dal presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, e dal sindaco de L’Aquila, Massimo Cialente.
Denominatore comune il dolore, la distruzione, i lutti, la speranza: le sensazioni scatenate dalla natura otto anni fa a L’Aquila, poi tornate d’attualità nei mesi scorsi in un’area più vasta ma ben circoscritta della penisola. Migliaia i partecipanti che hanno sfidato il freddo per portare il “cero della speranza”, che ha illuminato via XX Settembre, dove si trova la Casa dello Studente, con le otto giovani vittime, e poi piazza Duomo, nel centro storico della città, che lentamente riprende a pulsare. Lungo il percorso lumini e ceri sui balconi e sulle finestre segnano il cammino del corteo, aperto da tante fotografie di chi, quella notte, perse la vita.