ROMA – “Va abbandonata l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa”. A Strasburgo il cielo è grigio e carico di pioggia e sull’aereo il Papa ha scherzato con i giornalisti sul “tour de force” del viaggio internazionale più breve della storia: “Una giornataccia”. Francesco indica “l’ideale di un’Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri”.
Oggi “gli effetti della crisi economica perdurano con conseguenze drammatiche dal punto di vista sociale. Dio trasforma il male in bene e la morte in vita”. Il Papa lancia al vecchio continente un messaggio di speranza (“basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa sta attraversando”) e un incoraggiamento a “tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea”, i quali “desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente”.
Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era “la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente”. Si rivolge “agli oltre cinquecento milioni di cittadini” che il Parlamento europeo rappresenta nei 28 Stati membri. Francesco prende la parola “dinanzi a questa istituzione fondamentale della vita dell’Unione Europea” dopo oltre un quarto di secolo dalla visita compiuta da Giovanni Paolo II.
“Molto è cambiato da quei giorni in Europa e in tutto il mondo – osserva il Pontefice -. Non esistono più i blocchi contrapposti che allora dividevano il continente in due e si sta lentamente compiendo il desiderio che l’Europa, dandosi sovranamente libere istituzioni, possa un giorno estendersi alle dimensioni che le sono state date dalla geografia e più ancora dalla storia».
Accanto a un’Ue più ampia, “vi è anche un mondo più complesso e fortemente in movimento”. Un mondo, evidenzia Francesco, “sempre più interconnesso e globale e perciò sempre meno eurocentrico”. A un’Unione più estesa, più influente, “sembra però affiancarsi l’immagine di un’Europa un po’ invecchiata e compressa, che tende a sentirsi meno protagonista in un contesto che la guarda spesso con distacco, diffidenza e talvolta con sospetto”.
Francesco sottolinea “lo stretto legame che esiste fra queste due parole: dignità e trascendente”. La “dignità” è la parola-chiave che “ha caratterizzato la ripresa del secondo dopo guerra”. La storia recente, infatti, “si contraddistingue per l’indubbia centralità della promozione della dignità umana contro le molteplici violenze e discriminazioni, che neppure in Europa sono mancate nel corso dei secoli”. Oggi, “la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell’impegno dell’Ue in ordine a favorire la dignità della persona, sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi”. Ma “persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi”.
Effettivamente “quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità?”, si chiede Francesco.