ROMA – Non c’è stato alcun colloquio telefonico con il presidente siriano Bashar al Assad ma una lettera al capo di Stato russo Vladimir Putin in occasione del summit del G20 a San Pietroburgo: quando mancano solo due giorni alla giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria convocata per sabato da papa Francesco, la Santa Sede ha dispiegato una offensiva diplomatica ad ampio raggio. L’obiettivo è quello di sempre: dare nuovo impulso alla via del dialogo e di fermare l’intervento militare contro il regime siriano annunciato dal presidente Usa Barack Obama.
A Roma, la Segreteria di Stato vaticana ha convocato tutti gli ambasciatori accreditati in Vaticano per spiegare la posizione vaticana davanti alla crisi siriana. A fare gli onori di casa di fronte ai 71 rappresentanti diplomatici di tutto il mondo – è arrivato anche quello degli Emirati Arabi Uniti, che normalmente risiede a Madrid – non c’era il Segretario di Stato uscente, il cardinale Tarcisio Bertone, ma il ‘ministro degli Esteri’, l’arcivescovo Dominique Mamberti.
A San Pietroburgo, dove si incontrano oggi i leader dei 20 Paesi più importanti del mondo, arriva invece la lettera inviata da papa Francesco ai capi delle nazioni. “La violenza non porta mai alla pace condizione necessaria per tale sviluppo”, scrive il pontefice, mentre nei due anni di conflitto in Siria “troppi interessi di parte hanno prevalso … impedendo di trovare una soluzione che evitasse l’inutile massacro a cui stiamo assistendo”.
Dopo l’appello lanciato all’Angelus domenica scorsa, papa Francesco torna a rivolgere ai leader mondiali una richiesta chiara: uscire dall’inerzia mostrata finora dalla comunità internazionale di fronte al conflitto, abbandonare “ogni vana pretesa di una soluzione militare” e cercare, “con coraggio e determinazione, una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti interessate con il sostegno concorde della comunità internazionale”.
Il compito di articolare con più chiarezza il ‘piano’ vaticano per riallacciare un dialogo tra Assad e i ribelli che sembra impossibile dopo due anni di guerra e di repressione sempre più sanguinose spetta a monsignor Mamberti.
Di fronte agli ambasciatori, il “ministro degli Esteri” di Oltretevere non si sbilancia sull’attacco chimico contro i civili a Damasco che ha spinto gli Usa – secondo i quali dietro l’attacco c’è oltre ogni dubbio il regime di Assad – a decidere di ntervenire. Mamberti parla solo di “possibile impiego di armi chimiche”, con l’auspicio che “le istituzioni competenti facciano chiarezza e che i responsabili rendano conto alla giustizia”.
Sul futuro della Siria, per il Vaticano il primo passo indispensabile è “far cessare la violenza”, pena il rischio di “conseguenze imprevedibili in varie parti del mondo”. Nelle parole di Mamberti c’è qui un’eco, seppur smorzata, dell’intervista del segretario del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, monsignor Mario Toso, che lunedì alla Radio Vaticana aveva avvertito che “il conflitto in Siria contiene tutti gli ingredienti per esplodere in una guerra di dimensioni mondiali”.
Il ‘ministro degli Esteri’ vaticano fissa anche tre punti fermi per ogni futuro assetto della Siria che potrebbe uscire da un eventuale negoziato: dialogo fra le parti e riconciliazione del popolo siriano; conservazione dell’unità e integrità territoriale del Paese senza divisioni interne a carattere confessionale; diritti certi per le minoranze sulla base del “principio di cittadinanza” e difesa della libertà religiosa. Mamberti esprime “preoccupazione” per la “presenza crescente in Siria di gruppi estremisti, spesso provenienti da altri Paesi” mentre manca ogni accenno o presa di posizione nei confronti del governo di Assad.
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha voluto anche smentire “nel modo più totale” la notizia di una presunta telefonata tra Assad e Francesco, senza arrivare a negare altri contatti anche attraverso il nunzio a Damasco, monsignor Mario Zenari. La notizia di un contatto tra il leader e il siriano e il pontefice era stata diffusa dal quotidiano argentino il Clarin. “Non risultano altre iniziative specifiche” presso altri governi mondiali, ad esempio quello Usa, ha spiegato ancora Lombardi, sottolineando che la linea vaticana è stata comunicata in via ufficiale nel briefing di oggi con gli ambasciatori.
L’iniziativa diplomatica ad ampio raggio del Vaticano vuole dare corpo alla giornata di digiuno per la pace, che culminerà sabato sera con una veglia di preghiera in piazza San Pietro presieduta da papa Francesco. Si tratterà di una maratona liturgica che non ha quasi precedenti nella storia recenti, con una durata prevista di oltre quattro ore. Il papa terrà una meditazione, preceduta dalla recita del rosario e seguita da una adorazione eucaristica in cinque tempi e da una ampia serie di letture bibliche, il tutto punteggiato da lunghi momenti di silenzio.