PESCARA – Mano pesante del pm del Tribunale di Pescara Barbara Del Bono nel corso della sua requisitoria nell’ambito del processo sul cosiddetto “partito dell’acqua” che si sarebbe creato in Abruzzo nell’ambito dell’Ato numero 4 pescarese. La richiesta di condanna è di sei anni per l’ex presidente dell’Ato Giorgio D’Ambrosio; cinque anni per il prof. Luigi Panzone; quattro anni e tre mesi per il dirigente Ato Nino Pagano; un anno e sei mesi ciascuno per l’ex sindaco di Montesilvano Pasquale Cordoma, l’ex sindaco di Francavilla Roberto Angelucci e Gabriele Pasqualone, ex componente cda Ato; un anno per il dirigente Ato Alessandro Antonacci.
Per il momento sono solo richieste per gli gli undici imputati sono accusati a vario titolo, di peculato, corruzione, abuso d’ufficio, falsita’ materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsita’ ideologica, distruzione di documenti, truffa ai danni dello Stato e in violazione dell’articolo 97 della Costituzione.
Comunque riguardano solo alcuni capi di imputazione perche’ per altri reati il pm ha chiesto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione o l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste. Del Bono ha, inoltre, chiesto il non doversi procedere per prescrizione nei confronti di Vincenzo Di Giamberardino, ex dipendente Ato; e Fabio Ferrante, dipendente Ato.
Per Franco Feliciani, ex componente del cda Ato, ha invece chiesto l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste da alcuni reati e la prescrizione per altri. La pubblica accusa ha, infine, chiesto l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste per l’imprenditore Ercole Cauti.
Dopo il pm hanno parlato i difensori di Antonacci, Ferrante, Feliciani e Cauti, che hanno chiesto l’assoluzione per i propri assistiti, e l’avvocato di parte civile, in rappresentanza dell’associazione Codici. I fatti si riferiscono al periodo tra il 2003 e il mese di dicembre 2007.
Nel mirino del pm un utilizzo improprio delle risorse economiche e strutturali dell’Ato per fini propri. Il presidente D’Ambrosio, ad esempio,e’ accusato di aver usato l’auto dell’ente per assolvere ai propri impegni politici a Roma, dove si recava in qualita’ di parlamentare, con spese a totale carico dell’Ato per cio’ che riguarda benzina-telepass e diverse multe al Codice della Strada. D’Ambrosio, e’ anche accusato di aver comprato la laurea in Economia e Management con la complicita’ del professore Luigi Panzone.
“Le telefonate intercettate sono chiare e dal contenuto anche un po’ squallido e si collegano al passaggio di danaro, sicuro e documentato tra D’Ambrosio e Panzone, e alla posizione di difficolta’ economica del professore universitario, che hanno portato al superamento degli esami da parte di D’Ambrosio”. Cosi’ il pm del Tribunale di Pescara, Barbara Del Bono, nel corso della sua requisitoria nell’ambito del processo sul cosiddetto “partito dell’acqua” che si sarebbe creato in Abruzzo nell’ambito dell’Ato numero 4 pescarese.
La pubblica accusa ha ripercorso tutti capi di imputazione, tra cui quello relativo all’accusa di aver comprato la laurea in Economia e Management con la complicita’ del professore Luigi Panzone: “Il docente era protestato, in una situazione economica pesante e l’ex presidente dell’Ato D’Ambrosio si e’ prestato, emettendo assegni per 63.700 euro, di cui la meta’ rimborsati – ha sottolineato il pm Del Bono-. Panzone mette a disposizione di D’Ambrosio un giovane ricercatore e intercede presso altri professori prima degli esami sostenuti da D’Ambrosio”.
Del Bono poi ha parlato delle ipotesi di peculato d’uso, anche se il reato e’ prescritto, relativamente “all’utilizzo improprio del telepass, della macchina e degli autisti dell’Ato, il pagamento di una serie di multe e le spese di rappresentanza per cene e altre attivita’ conviviali, anche attraverso l’utilizzo di una carta Kalibra, a disposizione dell’ente”.
“D’Ambrosio – ha sostenuto il pm – ha utilizzato l’auto dell’ente per andare in parlamento e i suoi viaggi coincidono con le votazioni alle quali ha partecipato, commettendo un reato in concorso con i due autisti dipendenti dell’Ato”. Nel mirino della pubblica accusa anche una delibera del 2007, “che risulta falsa in quanto formata a novembre, ma anticipata di un mese nella data, perche’ era intervenuta una legge che avrebbe portato al commissariamento dell’Ato, rendendo impossibile la proroga degli incarichi dirigenziali”.
Il difensore di D’Ambrosio, l’avvocato Giuseppe Amicarelli, a margine del processo ha commentato: “Nel corso della prossima udienza cercheremo di ribaltare l’impianto dell’accusa”. La prossima udienza ora e’ fissata per il 3 maggio. In quell’occasione parleranno gli altri difensori degli imputati e probabilmente, sara’ emessa la sentenza.