ROMA – “Il patto del Nazareno non può essere fermato e rallentato perché qualcuno ha paura di mandare avanti le riforme. Se qualcuno pensa di fare il temporeggiatore, noi diciamo che andiamo avanti anche da soli perché c’è un senso di urgenza sulle riforme”. Matteo Renzi rilancia l’ultimatum a Silvio Berlusconi sulla legge elettorale. Il premier torna a chiedere al leader di Forza Italia una risposta in tempi brevi: non intende farsi trascinare nella palude parlamentare dalle divisioni interne al suo partito sul Jobs act, figurarsi da quelle interne a FI. E lo dimostra l’accordo con i 5 Stelle per l’elezione di Silvana Sciarra alla Consulta.
E proprio dal fronte grillino Danilo Toninelli (uno dei più in gamba del gruppo del M5S, che ha lavorato alla vicenda Consulta-Csm) non si nasconde dietro un dito e centra il punto vero, mostrando che nel M5s sta davvero maturando qualcosa. «Perché non replichiamo questo metodo anche per l’elezione – quando sarà – del prossimo presidente della repubblica?», dice intervistato da La Stampa. Ma la partita con Forza Italia è ancora aperta. Sulla legge elettorale «siamo molto vicini ad un accordo. Abbiamo i capilista scelti dal partito e le preferenze per gli altri; manca qualcosa sulle percentuali», assicura il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Che poi avverte: «Se Forza Italia si tirerà indietro noi dovremo andare avanti comunque con gli altri partiti».
L’ultimatum è chiarissimo. Se non bastasse, la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani rincara: «Speriamo che Berlusconi porti a compimento l’impegno» sulla legge elettorale, ma «se non è così, andiamo avanti e auspichiamo di trovare una maggioranza in Parlamento». Perché Pd vuole l’approvazione della legge elettorale «il prima possibile. Dobbiamo portare avanti l’impegno preso con gli elettori, è uno degli obiettivi della legislatura», ha aggiunto. La replica di Forza Italia è affidata al presidente dei senatori Paolo Romani: «Noi aspettiamo che la legge venga calendarizzata in prima commissione al Senato: saremo pronti, non si preoccupi il ministro, affronteremo il confronto come si conviene». Ma la verità è che Berlusconi, spiazzato dalla mossa di Renzi, non sa che fare. E decide di rompere il silenzio soltanto nel pomeriggio, a Milanello, parlando ai microfoni di Milan Channel: «È un momento terribile per la politica italiana», chiosa. «La situazione é problematica non solo in Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo. Guardate cosa é successo a Obama».
All’indomani dell’incontro con Berlusconi, Renzi ieri scherzava con un sindaco a margine del convegno Anci: «Un’apertura a Forza Italia fammela fare, già c’è il patto del Nazareno che scricchiola…». Era l’ultimatum al Cavaliere. L’avvertimento che non è disposto ad aspettare oltre e che intende portare a casa le riforme e la legge elettorale, che FI ci stia oppure no. «Speriamo di avere anche il consenso delle opposizioni», diceva Renzi in serata il premier parlando a una cena di finanziamento del Pd, con parole che sembravano allargare il perimetro dell’accordo. «Lo dica se vuole rompere il patto», domandava l’azzurro Toti, attribuendogli tentazioni di rottura. Mentre in Parlamento si rincorrevano i sospetti che si avvicini l’appuntamento con le urne, nonostante la volontà ribadita dal leader Pd di voler arrivare alla fine della legislatura, portando a casa, una alla volta, le riforme messe in cantiere.
Mai come questa volta Berlusconi si trova di fronte ad un bivio: dar retta a chi gli dice di «rompere» l’accordo, ridare a Fi una collocazione precisa all’opposizione e sfidare il leader del Pd a trovare i numeri per andare avanti con le riforme; oppure, proseguire nelle trattative con il Pd, dar vita ad un nuovo accordo per evitare di finire ai margini ed essere irrilevante. Una scelta non facile per il Cavaliere che ha come primo effetto quello di mandare totalmente allo sbando il partito. La dimostrazione delle difficoltà di Berlusconi sono anche rappresentate nella fotografia del voto sui componenti della Corte Costituzionale e del Csm. Nonostante l’accordo raggiunto sul terzetto dei nomi, ad essere eletti sono solo due: uno di area Pd e l’altro proposto dai Cinque Stelle. Un segnale diretto ad Arcore da chi non accetta più che gli accordi si facciano senza consultare prima il partito. Il niet al candidato azzurro, poi, rappresenta un altro colpo diretto a mettere in discussione il Patto del Nazareno con il rischio che il Pd apra veramente ad intese con altre forze politiche.
La notizia è che da ieri esiste un’alternativa al patto del Nazareno. I due indizi emersi in una manciata d’ore e su temi chiave come giustizia e Consulta mostrano infatti che tra Pd e M5S siano in atto delle prove d’intesa che potrebbero estendersi anche alla legge elettorale, innescando una fibrillazione trasversale nel centrodestra di opposizione (FI), e di governo (Ncd). La politica dei due forni, si commenta in ambienti di Palazzo Chigi, potrebbe definirsi «la mossa del cavallo», termine derivato dagli scacchi per indicare un’iniziativa inattesa, per liberarsi da un impedimento. Quell’impedimento che sull’elezione dei due giudici alla Corte Costituzionale Renzi era deciso a superare, indicando come candidata Silvana Sciarra e ottenendo anche il sì del M5S. E la sua elezione, nell’ottica renziana, funge quasi da esempio, applicabile ad uno spettro di riforme che va dalla legge elettorale al Jobs Act e che indica la volontà del premier di discutere con tutti, da FI alla minoranza Pd, ma con l’obiettivo, non rinviabile, di trovare una soluzione.