ROMA – Come nelle previsioni, Matteo Renzi è stato proclamato segretario del Partito democratico. L’ex premier è salito sul palco di fronte alla platea forte dei risultati delle primarie rappresentati dai mille delegati, 449 donne e 551 uomini, così divisi: 700 per Renzi (69,8% del consenso ai gazebo), 212 per Andrea Orlando (20%), 88 per Michele Emiliano (10,8%). Matteo Orfini è stato eletto per la seconda volta presidente del Partito. In sedici hanno votato contro, 60 gli astenuti. Vicepresidenti Barbara Pollastrini e Domenico De Santis. Tesoriere confermato Francesco Bonifazi. Maurizio Martina è il nuovo vicesegretario unico. Sette gli astenuti.
L’assemblea ha eletto la direzione nazionale, ne fanno parte 120 membri eletti, i membri di diritto e 20 millennials, scelti da Matteo Renzi nella quota riservata al segretario. Giovani nati a cavallo tra i Novanta e gli anni Duemila, il cui ingresso ha provocato qualche resistenza tra chi si è ritrovato fuori dalla direzione all’ultimo momento. Gli equilibri tra le correnti, nonostante questo, sono stati mantenuti e tra i 20 trovano posto molto esponenti delle mozioni di opposizione, come l’orlandiano Marco Sarracino. Un modo per riavvicinare quel mondo dei giovani che, come spiegato da Renzi durante la relazione, è stato uno dei punti di debolezza del Pd negli ultimi anni.
«In 5 mesi nel Pd ne sono successe di tutti i colori». Prendendo la parola le prime riflessioni di Matteo Renzi vanno alle « polemiche, litigi, scissioni» che hanno dato «l’mpressione di una comunità che sa solo litigare tradendo lo straordinario messaggio che il nostro popolo ci dà e ci ha ridato nelle primarie: non ha vinto Renzi nè Orlando nè Emiliano, ma la comunità che crede che la politica è una cosa seria, un Pd che non litiga, non si scinde, non è luogo dove tutti sparano contro il quartiere generale».
«Visto che dobbiamo arrivare fino al 2021 insieme, fermiamoci un attimo. Diciamoci parole di verità: chi siamo oggi in questo momento? Se non siamo consapevoli del nostro ruolo, perdiamo il senso dello stare insieme. Vorrei dire grazie di cuore a Andrea Orlando e Michele Emiliano, dal profondo del cuore – rivolgendosi agli altri due candidati presenti alle primarie -. Chi dice, non sono pochi, che questo congresso non è stato un congresso vero non conosce Orlando ed Emiliano. Sono quelli che sono abituati alle falsità, che hanno una relazione complicata con la parola `verità, quelli che parlano di post verità, pensando si tratti di un post sul blog del guru”, ha aggiunto Renzi. «Il Pd deve lavorare insieme sapendo che l’avversario sta dall’altra parte del campo».
«Da cinque mesi diciamo con forza che nessuno del Pd ha messo o metterà in discussione il sostegno al governo guidato da Paolo Gentiloni a cui va la nostra amicizia, stima e riconoscenza per il lavoro che fa. Lo diremo per tutti i giorni fino alla fine della legislatura. Ci siamo assunti la responsabilità di portare avanti il governo mentre gli altri si sono tirati indietro».
«Chi ha la maggioranza in prima commissione al Senato, gli stessi che hanno fatto la grande coalizione contro la riforma istituzionale, ha la responsabilità di fare una proposta e il Pd ci sta con chicchesia purché la legge elettorale sia decente». Lo dice Matteo Renzi aggiungendo che qualsiasi legge «purché al centro ci sia la capacità di scelta del cittadino».
«Continuo a pensare che chi ha fatto la scissione abbia compiuto un drammatico errore, ma io tra Bersani e Berlusconi continuo a preferire Bersani». Lo ha detto Andrea Orlando, intervenendo all’assemblea nazionale del Pd. Puntualizzando però: «Non a tutti i costi». «Un nuovo centro sinistra può nascere non se diciamo `tu sì e tu no´ ma solo se diciamo `ecco, questo è il programma sul quale vogliamo cambiare l’Italia´ e vedere chi ci vuole stare e chi no’. Certo c’è il Pd ma il Pd per vincere le elezioni deve prendere il 40% e oggi senza la costruzione di un nuovo centro sinistra è condannato a un rapporto privilegiato con Fi che lo metterà in fortissima difficoltà», ha sottolineato Orlando.
E infine Emiliano: «Abbiamo bisogno di regole più certe sulle primarie e una legge i partiti devono essere contendibili per essere tali e servono primarie più “normate” e meno affidate ai volontari. E serve uno statuto del militante per evitare novità dell’ultimo momento, come quella di un passaggio da una corrente all’altra – lo ha detto Michele Emiliano prendendo la parola al Pd -. «Abbiamo dato vita a un congresso con il rito abbreviato, ma lo abbiamo fatto e ci siamo battuti come è stato possibile dando l’idea di quello che il Partito democratico può ancora fare per questo Paese. Non siamo riusciti a restituire fiducia al Paese. Pensiamo ancora che il Pd sia il riferimento fondamentale di questo paese, ma perché questo riferimento dobbiamo essere veri. La carriera politica non può essere più forte della verità e verità è stare vicino alle persone», ha aggiunto Emiliano.